Il mare come prigione, lo specchio d’acqua dell’Adriatico come unico paesaggio possibile. Vista mare obbligatoria racconta le storie degli sfollati dei terremoti del 2016/2017, che, a quasi due anni di distanza da quei fatti, si riaffacciano dall’oblio e parlano di quanto sia cambiata la loro vita, delle nuove abitudini imposte dalla tragedia, dell’enorme senso di mancanza per un’esistenza che spesso sembra essersi sgretolata come e più delle case crollate sugli Appennini a causa del sisma. Un documentario che vuole essere la testimonianza di un’umanità forse sconfitta, ma mai definitivamente arresa.
Vista mare obbligatoria è il primo documentario (auto)prodotto dall’osservatorio permanente sul doposisma Lo stato delle cose. Realizzato dal giornalista Mario Di Vito insieme con il regista Marco Di Battista, e la collaborazione del fotografo e videomaker Michele Massetani, il documentario nasce da un’idea del giornalista Antonio Di Giacomo, ideatore e curatore del progetto Lo stato delle cose. Geografie e storie del doposisma.
Le riprese e le interviste per Vista mare obbligatoria sono state realizzate a Civitanova Marche, Lido di Fermo, Porto Potenza Picena, Porto Sant’Elpidio, Roseto degli Abruzzi e Alba Adriatica fra dicembre 2017 e gennaio 2018.
Durante le riprese all’hotel Charly, Lido di Fermo. Fotografia di Michele Massetani
Questa è la storia degli esiliati senza volto di un terremoto senza nome. Spesso i meccanismi infernali della cronaca e della politica portano ad astrarre i problemi, a farli diventare lo sfondo sopra al quale si muovono politicanti e notabili vari. Sui terremoti che hanno squassato l’Italia centrale tra il 2016 e il 2017, s’è detto di tutto, più o meno a torto, più o meno a ragione.
Vista mare obbligatoria non vuole essere un altro sasso nello stagno di un dibattito pubblico stanco e non sempre disinteressato, ma un modo per dare voce a chi ha parlato troppo poco negli ultimi due anni. Il terremoto non ha lasciato dietro di sé soltanto trecento morti e la distruzione di decine di paesi, ma anche circa trentamila sfollati, gente che nel giro di pochi secondi ha perso tutta quella che era la propria vita e si è trovata a dover ripartire da zero, in mezzo a una strada o poco più. Uomini, donne, vecchi e bambini a vivere negli alberghi, nei camping turistici, nei luoghi in cui di solito si va in vacanza e che poi, quando si è costretti a starci dentro a tempo indeterminato, perdono l’alone di festa che dovrebbero avere in teoria: la vista sul mare è un particolare molto ricercato dai vacanzieri, ma che succede quando uno il mare è obbligato a guardarlo?
È con questo spirito che Antonio Di Giacomo ha sguinzagliato il regista Marco Di Battista, il suo aiutante Michele Massetani e me in giro per la costa adriatica tra le Marche e l’Abruzzo: per ascoltare e riportare le parole e gli sguardi di un popolo scacciato dalle montagne a causa del sisma, poi sistemato in riva al mare dallo Stato e poi lì abbandonato in attesa di qualcosa che non arriva mai, un ritorno a casa che nessuno fin qui è stato in grado di garantire e che forse non ci sarà mai davvero.
Questo, dunque, vuole essere un documento, un modo per fissare alcuni punti fermi mentre tutto si muove: parliamo delle persone, soltanto delle persone. E dei loro desideri, dei loro sogni, dei loro sguardi. È lo stato delle cose registrato tra il novembre del 2017 e il gennaio del 2018.
Il piatto più verde che blu dell’Adriatico non somiglia per niente agli spigoli delle montagne, e nel nostro viaggio abbiamo incontrato tante persone che il mare l’hanno visto per la prima volta soltanto dopo il sisma. E adesso, armate solo della propria dignità, queste persone continuano a vivere con la sola speranza di poter tornare un giorno a casa, anche se non sarà possibile per tutti.
Le interviste che compongono Vista mare obbligatoria restituiscono così l’istantanea di un momento che sembra infinito. Il momento in cui un popolo di esiliati afferma di esistere.
Le riprese di “Vista mare obbligatoria” a Porto Sant’Elpidio. Fotografia di Michele Massetani
Abbiamo scelto che i protagonisti del documentario si raccontassero in prima persona e senza mediazioni di sorta, perché avessero tutto il tempo di narrare in libertà il proprio punto di vista su una vicenda collettiva e complessa come il terremoto. Le interviste sono contrappuntate da sequenze girate sui luoghi del sisma, in particolare nei nuovi villaggi Sae (Soluzioni abitative d’emergenza), e sui luoghi di “esilio” sulla costa. Sequenze che mostrano paesaggi appenninici e adriatici che si intersecano tramite dissolvenze incrociate in modo disarmonico mediante l’utilizzo di una sonorizzazione dissonante che inverte e miscela i due paesaggi sonori. La dissonanza vuole ridare il senso di spaesamento che si trova ad affrontare chi viene spostato da un ambiente montano ad uno marino per mesi, anni. La colonna sonora è stata realizzata utilizzando prevalentemente suoni registrati nei luoghi delle interviste e nei villaggi Sae, rumori di persone, vento, mare, montagna, traffico e altri elementi ambientali.
Le riprese di “Vista mare obbligatoria” a Roseto degli Abruzzi. Fotografia di Michele Massetani
Mario Di Vito. Classe 1989, giornalista. Si occupa per lo più di cronaca per il quotidiano il Manifesto. Nel 2016 è uscito il suo primo romanzo, Il male minore (Edizioni Ae). Vive sulla costa adriatica.
Marco Di Battista. Abruzzese di nascita, maceratese d’adozione, inizia a muovere i primi passi nel mondo del video nel 2002/3, anno in cui si iscrive all’Accademia Di Belle Arti di Macerata, dedicandosi prettamente alla videoarte. Alla base della sua poetica vi è la passione per il cinema, la musica e l’arte contemporanea. Tutta la sua ricerca verte sul rapporto suono/immagine. Nel 2004, con il video “inno’mabile”, vince il premio Opera d’Autore al Festival I-Mode Visions, il video è anche finalista del Premio Nazionale delle Arti con relativa mostra a Roma. Dal 2006 inizia l’attività di Vj con il progetto MicroMacro e trova nella performance live il naturale approdo alla sua ricerca Audio-Visiva. Nel 2008, con il video “blue-Up”, vince il primo premio al Concorso “L’Attimo Fuggente” della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. Intanto aggiorna la sua ricerca cinematografica prima lavorando al documentario collettivo “L’Amorosa Visione” con la supervisione di Daniele Segre. Nel 2008 va in Spagna all’Aralan Films, casa di produzione cinematografica di Siviglia per uno stage, gira il making off del film sulla guerra civile spagnola “La Patrulla Perdida” di Guillermo Rojas. Negli ultimi anni ha girato diversi videoclip musicali, realizzato scenografie video per spettacoli teatrali/live e numerosi spot pubblicitari per marchi nazionali. Nel 2016 ha realizzato due documentari girati nei campi profughi sul confine greco/macedone.
Michele Massetani nasce a Macerata nel 1971. L’approccio alla fotografia risale all’adolescenza grazie ad una vecchia polaroid. Autodidatta, usa la macchina fotografica un po’ per lavoro e molto per passione. Il lavoro e la passione lo portano da più di venti anni ad attraversare le zone maggiormente colpite dagli eventi sismici del 2016. “Dopo il terremoto è impossibile non ascoltare l’urlo del territorio ferito e – dice Massetani – non assecondare il bisogno di documentare “lo stato delle cose”: la distruzione, l’allontanamento, lo sfaldamento dei legami sociali. Ma anche il desiderio di rinascita delle popolazioni colpite, alla ricerca di nuovi modelli di relazione per opporsi insieme alla strategia dell’abbandono”.
Le riprese di “Vista mare obbligatoria” a Roseto degli Abruzzi. Fotografia di Michele Massetani
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
Per informazioni e contatti con Lo stato delle cose scrivere qui: osservatoriolostatodellecose
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