Immagini e testo di Michele Amoruso. A Ischia fra il 21 e il 22 agosto 2017
Ore 20,57 di un 21 agosto rovente in un’estate senza sussulti. Poi, ex abrupto, decine di notifiche animano lo smartphone che ho in tasca: ad Ischia c’è stato il terremoto. Le prime notizie sono confuse, arriva qualche foto, qualche lancio d’agenzia. Dopo poco sono in viaggio, più di 120 chilometri e un mare in mezzo. L’arrivo al molo principale dell’isola fa subito capire che la cosa è seria: centinaia di persone affollano la banchina per scappar via. Litigi, urla, tensione, tanti turisti, molte famiglie, in un via vai di valigie riempite alla rinfusa ed alberghi lasciati frettolosamente. Oltre la confusione, al di là dell’andirivieni, le notizie iniziano a diventare più precise: la zona colpita è quella di Casamicciola. A piedi e zaino in spalla giungo nella zona rossa che è quasi mattino. Da una piccola palazzina stanno estraendo tre bambini, miracolosamente vivi. La zona rossa, non ancora circoscritta, è estremamente eterogenea nei danni riportati: alcuni edifici si sono sbriciolati al suolo, altri hanno retto all’urto, altri ancora con vistose crepe s’aggrappano e appoggiano a quelli sani. Si scatta qualche foto per aver contezza dell’accaduto ma sono soprattutto le parole a far ragionare: la polemica di Borrelli sui materiali edili scadenti, i turisti fuggiti via, gli appelli dei sindaci dei comuni isolani a bloccar l’esodo, gli sfollati distribuiti tra alberghi, parenti ed amici. E due morti e quarantadue feriti. Molti lo hanno definito un terremoto anomalo, diverso da quello di Amatrice di un anno precedente. Le promesse però sono state le stesse, il copione della ricostruzione e dell’assistenza in replica per l’occasione, la passerella usurata dalle scarpe di politici ed autorità. L’impressione che si aveva tutti era che lì, a Casamicciola, poco e niente si sarebbe fatto e così è stato.
L’autore. Michele Amoruso, 33 anni, è fotoreporter da oltre 10 anni. Sin dai primi tempi a lavoro su tematiche che spaziano dal sociale all’antropologico, ha collezionato negli anni centinaia di pubblicazioni internazionali con le maggiori testate mondiali: dal Time al Guardian, La Stampa, Espresso, Internazionale, The Times, Panorama, L’Obs, El Pais, The Telegraph, Wall Street Journal, National Geographic, Famiglia Cristiana e molti altri. Attualmente lavora sulla questione migratoria, che segue da circa 5 anni nei suoi diversi aspetti, ed è autore, anche, di lavori sul tema ambientale e quello dell’indagine territoriale, con una ricerca fotografica su campo delle trasformazioni sociali ed urbanistiche dei luoghi colpiti da terremoto.
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
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