“Quando parliamo, i nostri linguaggi riflettono la nostra visione del mondo. Questa visione si concretizza in insiemi concettuali, o frame, che veicolano una metafora: usare un linguaggio che riflette la propria visione del mondo è ciò che George Lakoff chiama framing. Queste metafore si radicano nel profondo della nostra mente, ed hanno la caratteristica di rimanervi anche quando i contenuti che veicolano sono andati via. Lakoff sostiene che il radicamento è addirittura sinaptico: possiamo dubitarne, ma non è poi necessario arrivare a questo livello neuro-linguistico per accettare il fatto che le metafore restano anche quando i contenuti sono andati via.
La tesi di Lakoff ha uno sgradevole corollario: non è vero che la libertà rende liberi. Non è vero che se raccontiamo agli uomini e donne i fatti come essi sono realmente, nella mente dei nostri ascoltatori si accenderà la luce della ragione; non è vero, come invece credevano gli Illuministi, che la verità produce una catena di eventi al cui termine c’è l’inevitabile mutamento di opinione. Il motivo per cui non è vero è che noi ragioniamo per frame, e la verità, per essere accettata, deve rientrare nei frame mentali delle persone: altrimenti i fatti rimbalzano via e il frame rimane”.
(Girolamo De Michele, 2008)
Il frame sul terremoto del 2016 è uno, ed è peraltro giusto: abbandono. E’ superfluo ripetere qui quel che è già noto: deportazione dei cittadini sulle coste, disgregazione delle comunità, ritardo inaccettabile nella consegna delle Sae, pugno di ferro verso chi chiedeva di posizionare una casetta provvisoria, acquistata a proprie spese, sul proprio terreno, macerie in molti casi ancora non rimosse, ricostruzione lontanissima.
All’interno di questo frame, però, si pone un caso specifico, di enorme complessità e insieme spia di un clima che riguarda l’intero paese: quello di Castelluccio di Norcia. Gli abitanti di Castelluccio, come molti dell’Umbria e delle Marche provati dal terremoto, sono costretti fuori dalle proprie case, e appunto abbandonati al dolore e alla disperazione, dall’ottobre 2016.
Ma Castelluccio ha un tesoro prezioso, che si deve, certo, alla fatica e al lavoro di chi ci abita (abitava) e di chi ci lavora: la Piana. Quella della fioritura. Quella che attira turisti in cerca di estasi paesaggistica, quella che attira fotografi dilettanti e professionisti. Quella delle lenticchie. Quella di un’antica battaglia, che nel 1522 vide affrontarsi Vissani e Norcini, e che venne vinta dai primi, seicento contro seimila, perché avevano la fede dalla loro parte, mentre i secondi erano devoti solo al vino.
“Quando il Governator vidde sfilare
L’armata de’ norcini inferocita
Alli soldati tosto fe’ piegare
Amendue le ginocchia e unir le dita,
Di S. Margherita fe’ invocare
Il nome illustre e rammentar la vita,
Onde ognun ripetea queste parole:
‘Dhe, santa, aiuta noi e la nostra prole’
E Mentre Visso in Margherita ha fede,
Norcia in Bacco suo Dio confida e crede”.
Fu un poeta pastore, Berrettaccia da Vallinfante, a cantare la battaglia del Pian Perduto. Anche oggi, il Piano è teatro di una battaglia. Da una parte quelli che Diego Zurli, direttore regionale della Direzione Governo del Territorio e Paesaggio, Protezione Civile, infrastrutture e Mobilità, ha definito su Umbria24, il 19 giugno scorso, “leoni da tastiera che vomitano giudizi apocalittici ammantati di ambientalismo da salotto”, dall’altra gli abitanti di Castelluccio e per meglio dire coloro che hanno attività lavorative a Castelluccio (o che addirittura le hanno intraprese dopo il terremoto, perché si sa che il terremoto fa vendere), che accusano i primi di volerli affamare. Il nodo dello scontro (che tale non dovrebbe essere, se ci fosse stata reale volontà di procedere correttamente) è il cosiddetto Deltaplano.
Lo scontro nasce fin dalla definizione. Non va chiamato centro commerciale, vien detto, e lo ribadisce, indispettita, anche la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini. Non va neanche definito villaggio alimentare. Cos’è dunque, questa entità sin nombre, come le divinità feroci del mito? E’ una struttura eretta a tempo di record con vista sulla Piana, su cui non esiste alcuna garanzia di temporaneità.
I numeri, i silenzi
A proposito di frame.
Quando si parla di numeri, si risponde con “venite qui a vedere”. Ma i numeri ci sono, anche se ribadirli, ogni volta, comporta una smentita: mai ufficiale, sempre sul tono “che parlate a fare voi che non siete qui”.
Il Deltaplano ospiterà undici ristoranti e un bar. Sarà composto da tre fabbricati e coinvolgerà circa 11.000 mq della collina. Modificherà, anche se ci si sgola a dire che “è nella cava, che comunque era già brutta” il profilo del colle, avrà una posa in cemento su zone precedentemente non edificate e sarà visibile dal Pian Grande.
Il Deltaplano viene annunciato nel luglio 2017 e presentato dall’architetto, definito ambientalista, Francesco Cellini. Che nel corso della sua presentazione ufficiale rassicura sul fatto che “tutti i ristoranti avranno l’affaccio sul Pian Grande”. Perché questa sembra essere la caratteristica indispensabile. Non semplicemente avere strutture, singole o collettive, dove ricominciare l’attività, ma avere l’affaccio. Qualcosa a cui si è sempre ambito, e che solo il terremoto rende finalmente possibile.
In dettaglio, come ricorda uno dei pochissimi intellettuali umbri a occuparsi della vicenda, lo scrittore Michele Sanvico, i tre fabbricati ospiteranno:
“- 4 ristoranti da 120 mq ognuno
– 4 ristoranti da 80 mq ognuno
– 3 ristoranti e 1 bar da 50 mq ognuno
Abbiamo quindi 12 esercizi commerciali, di cui alcuni più grandi, altri medi e alcuni più piccoli. Il totale degli spazi disponibili per gli esercizi risulta essere pari, dunque, a 1000 mq.
Ma quale è l’impronta che i tre fabbricati avranno sul suolo del colle? In questo caso, la risposta è contenuta nella Determinazione Dirigenziale n. 1098 del 05/02/2018 con la quale la Regione Umbria – Direzione Regionale Governo del Territorio e Paesaggio, Protezione Civile, Infrastrutture e Mobilità ha approvato la documentazione progettuale relativa alle strutture temporanee del “Deltaplano” ( pag. 5), ed eccola riportata qui sotto:
– Struttura “A” – metri 42,95 x 13,00
– Struttura “B” – metri 41,55 x 13,15
– Struttura “C” – metri 45,75 x 13,15
Queste sono le dimensioni dei tre “magroni” in cemento, sui quali sono edificate le tre costruzioni. Il totale del suolo occupato è dunque pari a 1706 mq (di cui 1000 mq “calpestabili” per i 12 esercizi commerciali).
E, infine, quanto è estesa l’area collinare complessivamente occupata dall’intera struttura, incluse le vie di accesso, gli sbancamenti e i terrapieni?
La risposta la troviamo, nuovamente, nella Determinazione Dirigenziale n. 1098/2018, a pag. 4: si tratta di 11504 mq.
Sulla base di questi dati, non può non sorgere un dubbio di rilevante interesse: al fine di fornire 1000 mq a 12 ristoranti, era veramente necessario consumare un suolo collinare pari a oltre 11.000 mq? E si tratta di suolo vergine, perché, come abbiamo avuto modo di mostrare in precedenti post, la famosa cava copre solo una piccola parte dell’area interessata dalle opere”.
C’è una domanda immediatamente successiva, che forse doveva essere precedente: come mai quando le macerie sono ancora al loro posto dall’ottobre 2016, si pensa alla costruzione di una struttura commerciale? Anzi, due domande: come mai in un Parco? Come mai si corre rapidamente per la realizzazione del Deltaplano mentre i paesi sono crollati e le Sae ancora di là da venire? Le domande non sono ammesse.
Ricorda Mario di Vito, che per il Manifesto seguì la vicenda: “Quando dalle montagne di carte relative al dopo-sisma emerse questa storia – luglio 2017 -, i vertici della Regione Umbria e i privati interessati alla costruzione del centro commerciale hanno prima bollato le voci come «fake news» (strategia ormai un po’ patetica, usata a vari livelli, per scavalcare le obiezioni senza discuterne) e poi hanno cominciato a rassicurare: non ci sarà cemento, sarà una struttura a impatto zero, ci sarà anche una copertura in verde che non disturberà il paesaggio e così via”.
Il benestare dell’ente parco
Andiamo avanti. Febbraio 2018. Un comitato locale si fa promotore dell’uscita del territorio di Castelluccio dal parco Nazionale dei Monti Sibillini. Troppi rallentamenti nella ricostruzione, vien detto. La protesta nasce dal parere contrario dell’ente parco alla realizzazione di un parcheggio per auto e camper a servizio del Deltaplano. Ma non è questo il punto: il parcheggio veniva chiesto già prima del terremoto da una parte degli abitanti per un modello di sviluppo turistico.
Il punto è che il progetto stesso del Deltaplano è stato autorizzato dall’ente parco a settembre 2017 in una riunione convocata dal commissario straordinario per il terremoto con Protezione civile, Ente Parco, Ministeri dell’ambiente e dei beni culturali, regione Umbria, Comune di Norcia. Come è possibile aver scavalcato il vincolo paesaggistico del parco? Come è possibile che sia stata ottenuta la Vinca (valutazione incidenza ambientale) e il successivo benestare? Lo scopriremo fra poco.
La presunta bufala e la minaccia del sindaco
Aprile 2018: esce una prima fotografia degli sbancamenti. E’ una fotografia terribile. Circola. Fa rumore. Viene premurosamente smentita da altre fotografie che dovrebbero dimostrare che il Deltaplano neanche si vedrà. Ci si preoccupa. Chi si preoccupa viene monitorato sulle proprie bacheche da commentatori che difendono a spada tratta il Deltaplano e sostengono che la foto dell’Ansa è un falso. Bufala, si urla. Come si era urlato a luglio.
Di più, il sindaco di Norcia, Nicola Alemanno, detta all’Ansa questa dichiarazione:
“Basta fake news su Castelluccio, da ora in poi il Comune si tutelerà avviando azioni legali contro chi diffonde notizie false come quella che circola sui social e che racconta della costruzione di un ecomostro sul Pian Grande. A questo punto ci vediamo costretti ad affidare a un legale il mandato di raccogliere notizie e post falsi e agire di conseguenza. Dobbiamo farlo per tutelare soprattutto la nostra gente che attende di ricominciare a lavorare e vivere dopo oltre un anno e mezzo dal terremoto”.
Un intermezzo sui protagonisti
Nicola Alemanno, Forza Italia, ha ricevuto recentemente due avvisi di garanzia, uno per il centro polivalente di Ancarano e uno per quello di Norcia, per violazione della normativa edilizia per la realizzazione del centro “in assenza del necessario permesso a costruire e dell’autorizzazione paesaggistica”.
Alfiero Moretti, coordinatore dell’Ufficio speciale ricostruzione Umbria, responsabile della Protezione civile regionale, indagato nel 2015 per turbativa d’asta. (“con mezzi intimidatori e d’istigazione”, secondo i pm, gli indagati avrebbero tentato di estromettere dalla gara per la gestione degli auditorium comunali San Domenico, ex-Chiese di Santa Caterina e del Crocifisso, poi vinta dal Consorzio Servizi Integrati Foligno, un raggruppamento temporaneo di impresa).
Carlo Bifulco, dall’ottobre 2016 direttore dell’ente parco, già direttore del parco del Vesuvio, arrestato nel 2007 con l’accusa di truffa per false demolizioni di costruzioni abusive.
Tutto questo non ha nulla a che vedere con la vicenda, è tanto per fornire una piccola cronistoria. Detto questo, immagino che le vicende giudiziarie siano ormai concluse favorevolmente, e sarò lieta di darne notizia.
Il cantiere del deltaplano. Fotografie di Attilio Gagliardi, giugno 2018
Cosa si intende per condivisione
Laura Colini è ricercatrice accademica ed esperta della Commissione Europea politiche urbane e regionali. Segue la vicenda di Castelluccio con angoscia. Ci riflette, scrive un intervento importantissimo dove spiega la differenza tra condivisione e manipolazione:
“Nicola Alemanno, il sindaco di Norcia, Catiuscia Marini presidente della Regione Umbria e altri difendono il Deltaplano come un progetto condiviso. Un elemento cardine della condivisione è la costante partecipazione, elaborazione e discussione a più voci di un problema dalla sua definizione alla/e soluzione/i. Questo però non basta, perché la partecipazione prevede un ripensamento dei poteri decisionali, altrimenti è manipolazione.
Nel caso del Deltaplano la partecipazione non sembra essere un processo virtuoso. Il Deltaplano è un pacchetto già confezionato con tanto di firma di “archistar” (spettacolarmente definito tale dai giornali locali) da rendere luccicante la soluzione del problema definito da poteri decisionali che hanno già preso accordi tra attori forti. A questo punto basta il consenso dei cittadini, il loro convincimento al sostegno del progetto e tutto può andare avanti. Gli enti pubblici sembrano essere lentissimi nelle opere di ristrutturazione degli immobili: su 100 000 case disastrate nel centro Italia solo 18 sono ristrutturate. Gli abitanti sono disperati, non ascoltati, passivamente arresi e dipendenti dalle decisioni (e inefficienze) del settore pubblico Quando si piange, qualsiasi attenzione, sembra un regalo inatteso. Così il progetto del Deltaplano arriva come una torta bella e pronta su cui tutti, specie chi l’ha preparata, potrebbero mangiare, senza dichiarare chi festeggia, chi mangia e chi ne smaltisce i rifiuti”.
Già. I rifiuti. A margine: a Castelluccio è stato realizzato anche un sito di stoccaggio delle macerie, affidato dalla Regione alla Valle Umbra Servizi spa. Curioso, visto che nelle Marche i centri che smaltiscono per tutta la Regione sono a Tolentino e a Monteprandone, mentre quelle di Castelluccio, luogo di meravigliosa bellezza, vengono stoccate in situ.
Ma come è possibile che i vincoli dell’ente parco vengano scavalcati? Spiega, ancora, Laura Colini:
“L’area di Castelluccio è tutelata paesaggisticamente ma queste tutele sono svanite in vista della Determinazione Dirigenziale N. 1098 del 05/02/2018 che dà l’avvio alla realizzazione di “strutture temporanee per la delocalizzazione delle attività produttive per la ristorazione a Castelluccio di Norcia”.
“Per quest’opera temporanea e rimovibile abbiamo ottenuto la Vinca (valutazione incidenza ambientale, ndr) dall’Ente Parco, mentre anche se non era necessario abbiamo acquisito i pareri favorevoli del ministero dell’Ambiente e dei Beni culturali”, dice Alfiero Moretti dirigente del Servizio organizzazione e sviluppo del Sistema di Protezione Civile Regione Umbria. Tutto è stato approvato sotto l’egida delle politiche emergenziali del terremoto facendo leva sullo smarrimento di chi si trova improvvisamente senza casa e senza lavoro, come gli abitanti di Castelluccio tanto da arrivare a vedere il Parco così com’è oggi come nemico, un vincolo per la crescita .
Verrebbe da chiedersi quanto la legislazione non sia stata magistralmente orchestrata per dare garanzie di realizzabilità a una decisione già presa e quanto questi strumenti legislativi non siano strumentalizzazioni che utilizzano il terremoto per deregolamentare il territorio a fine speculativi. La clausola che permette la realizzabilità del progetto è la temporaneità. Nell’urbanistica italiana la “temporaneità” ha tempi paurosamente elastici specie quando non c’è un piano e una volontà politica che ne determini la sua precisa durata. Nel caso del Deltaplano, la temporaneità andrebbe pianificata fissando esattamente la vita della costruzione a Castelluccio ( non i generici 15-20 anni), definire un piano per lo smaltimento da un punto di vista logistico, funzionale ed economico. Una volta costruito, Il Deltaplano è lì e ci starà a lungo: è tecnicamente smontabile ma non temporaneo. Non ci saranno probabilmente fondi per smantellarlo, non si saprà dove metterlo, e si farà a gara per decidere cosa farne. Forse tra 50 anni quando le strutture portanti, tanto all’avanguardia oggi saranno obsolete, allora si penserà alla dismissione, ma intanto Il Gran Piano sarà sempre più urbanizzato, pezzo dopo pezzo, dalle strade, dalle auto e dalla turistizzazione insostenibile che occuperà anche questo pezzo di paradiso”.
Il sito di stoccaggio delle macerie sulla Piana di Castelluccio. Fotografie di Attilio Gagliardi, giugno 2018
Persone sgradite
E’ proprio su questo punto che il WWF di Perugia, infine, presenta un esposto, dopo aver chiesto ripetutamente e invano una garanzia scritta sullo smantellamento del Deltaplano alla fine della ricostruzione. Che appunto non viene fornita, perché il terremoto fa realizzare il sogno del ristorante con vista. Come scrive il collettivo Emidio di Treviri:
“Il famoso “prima le fabbriche, poi le case” mutuato dal dimissionario Commissario Straordinario per la Ricostruzione Errani dall’esperienza friulana, ad indicare la priorità del tema lavoro su quello residenziale, si è ridotto a un triste “prima il food” – una semplificazione del sistema residenziale-produttivo montano, trasformato in mera imprenditoria turistica stagionale”.
Ma questo non si deve dire. Ogni critica viene fatta passare per un attacco ai residenti, per crudeltà nei confronti dei disperati. Non una parola sulle motivazioni della struttura, sulla sua collocazione, sul mancato arrivo di Sae. Castelluccio E’ il Deltaplano, e chi lo critica vuole la morte dei terremotati.
A giugno il presidente della Comunanza Agraria Roberto Pasqua dichiara persone non gradite gli ambientalisti. Sui gruppi Facebook legati a Castelluccio le reazioni sono violentissime:
“Loro hanno un lavoro e la pancia piena. Non hanno un briciolo di cuore per chi ha bisogno di tutto. Nessuna pietà. Sono la vergogna dell’Italia”. “Inziate a usare i fucili contro tutti sti rompi coglioni”.
“Vi donerei quattro sganassoni diciamo che è più una dichiarazione di intenti, se volevo essere offensivo avrei usato altri termini che, mi creda, conosco in abbondanza e si applicano tutti a persone come voi”. “Spero che sapendo che state giocando con la vita di persone vere, da dietro le vostre comode scrivanie, riusciate comunque a dormire bene”. “Cosa ce ne faremo di quella gentaglia, non hanno nessun rispetto per il dolore e i problemi vostri”. “È una vergogna prendersela con della povera gente abbandonata da due anni e che prova a risorgere”.
“Burocrati impettiti di boria e di sapere. Parassiti i quali vivono succhiando le ultime risorse”. “NON FATELI AVVICINARE AL PIAN GRANDE,NON SOLO AL PAESE!”. “Queste persone insensibili devono farla finita di voler decidere della nostra vita”. “Questi ambientalisti der cazzo li dobbiamo prendere a calci in culo quando si presentano nei nostri territori, non vengano a insergniacci niente dettando assurde leggi dalle loro comode poltrone. LASCIATECI VIVERE,!!!!!!!”. “Certe questioni i nostri avi le risolvevano diversamente. Purtroppo oggi non si può più fare”.
Tre domande quasi finali
Prima. Come mai ci vogliono solo pochissimi mesi per realizzare il Deltaplano e per avere le prime casette provvisorie nella zona colpita dal terremoto c’è voluto un anno e mezzo, e nessuna è arrivata a Castelluccio? La questione della tempistica è illuminante: non ci sono modi per costruire subito le case, ma ci sono i soldi per le opere di bonifica del territorio, costruzione di opere di urbanizzazione primarie e costruzione dell’entità senza nome.
Seconda. L’ente parco ha dato il benestare agli 11.000 metri quadri che comunque interferiranno con il panorama di Castelluccio MA in nome delle violazioni ambientali è stato disposto il sequestro di un container a San Martino di Fiastra dove una donna di 95 anni, Peppina Fattori, voleva, semplicemente, morire. Perché?
Terza. Se si dice che il volere dei residenti e ristoratori di Castelluccio deve essere rispettato senza se e senza ma, come mai lo stesso rispetto senza se e senza ma non valeva per chi non vuole il Tav in Val di Susa? I residenti contano soltanto quando servono? Oppure vanno rispettati – giustamente – in quanto terremotati?
E allora (tre-bis), come mai quel rispetto non è stato tributato in oltre un anno e mezzo quando le persone sono state deportate in costa, illuse per soluzioni che non arrivavano, osteggiate in ogni passaggio burocratico?
Castelluccio di Norcia oggi: il commercio che tenta di resistere e il paese che non c'è più dentro la zona rossa. Fotografie di Attilio Gagliardi, giugno 2018
Infine
Occuparsi del Deltaplano non significa occuparsi solo di Castelluccio di Norcia. Significa occuparsi del territorio tutto, e della gestione devastante e predatoria che lo riguarda da prima del terremoto, con il bluff delle aree commerciali che sarebbero dovute sorgere intorno alla superstrada Quadrilatero, che oggi attraversa paesi morenti. L’abbandono non nasce con il terremoto. Il terremoto amplifica e genera, come sempre avviene, tentativi di rilancio che vanno nella direzione sbagliata: quella del consuma e scappa, e non importa quante macerie reali o metaforiche ci si lascia dietro. Il Deltaplano è il simbolo di un paese confuso, arrabbiato, spaventato. A cui basta una finta carezza per illudersi di tirare il fiato.
Post scriptum. Quello che avrebbe detto, e in effetti disse, Alex Langer
“Una logica di pura amministrazione burocratica o autoritaria o repressiva delle risorse e del nostro equilibrio ecologico e sociale del pianeta è una logica che difficilmente può convincere per motivare. Da questo punto di vista credo che occorra una forte spinta etica in positivo, non solo la paura di non farcela a sopravvivere, e anche una dimensione percepibile, una dimensione vivibile, entro la quale l’equilibrio ecologico ha un senso che un po’ tutti possono condividere e verificare. Questo penso che abbia anche delle forti contro-indicazioni. Molto spesso la comunità locale può essere quella che dice “purché vengano i turisti, noi facciamo anche 7 sciovie e se c’è bisogno costruiamo anche un nuovo monte, perché il vecchio non basta più per la quantità di turisti che vorremmo ospitare”. Non è che automaticamente la comunità locale, l’autonomia locale sia risolutiva, ma se non si trova un ambito entro il quale (come in una qualsiasi comunità percepibile reale) le autolimitazioni hanno un senso, cioè non sono soltanto la paura della multa o della pena o della repressione, il discorso non regge. Se non si trova una dimensione in cui la ragione ecologica possa coniugarsi con la democrazia, allora probabilmente le virtù di cui parlavo prima rischiano di essere un nobile e minoritario esercizio di ascesi ecologica, un nobile esercizio di solidarietà, ma un esercizio probabilmente con in grado di invertire la tendenza, o per lo meno di rallentare o arrestare il degrado, cosa che d’altra parte vorremmo tentare di fare”.
(da “Il margine”, intervento tenuto a Brentonico (Trento), nell’ambito del convegno “Il politico e le virtù” organizzato da La Rosa Bianca dal 27 al 30 agosto 1987)
Altri interventi
Leonardo Animali
http://hopassatolafrontiera.blogspot.com/2018/06/i-sovranisti-dellaltopiano.html
Laura Colini
http://www.tesserae.eu/place/castelluccio-di-norcia-it/
Emidio di Treviri
https://emergenzacultura.org/2018/05/29/emidio-di-treviri-prima-il-food-poi-le-case-gastropolitica-nel-post-sisma/
Carlo Brunelli
https://ippodamo.blogspot.com/2017/07/castelluccio-merita-qualcosa-di-piu.html
L’autrice. Loredana Lipperini è scrittrice e conduttrice radiofonica (Fahrenheit, Radio3). Il suo ultimo libro è “L’arrivo di Saturno” (Bompiani). Dal 2004 ha un blog, Lipperatura. Collabora con le pagine culturali di Repubblica.
[…] settimana scorsa è uscito un mio articolo su Lo stato delle cose, a proposito di Castelluccio di Norcia. Più delle mie parole, contano le fotografie di Attilio […]
[…] in pompa magna il Deltaplano di Castelluccio di Norcia. Se volete rinfrescare la memoria, qui l'articolo scritto per lo Stato delle cose. Mi limito a riportare il commento dello scrittore […]
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