(Il testo è un estratto dal libro Sopra e sotto la polvere. Tutte le tracce del terremoto. Segue scheda del volume)
La ricostruzione, durante l’emergenza, sembra una chimera, qualcosa d’irrealizzabile. Il suo avvio effettivo, inoltre, è estremamente lento, farraginoso, prevede l’istituzione di un complesso processo tecnico, burocratico e finanziario. E in Italia questo meccanismo pare debba sempre, inevitabilmente, ricominciare da zero, come se l’esperienza passata, positiva o negativa che sia, non possa dare alcuno stimolo nella costruzione di linee guida da seguire. Nell’immaginario collettivo s’imprime talmente a fondo un sentimento pessimista da condizionare in negativo l’impressione che si ha della realtà, e da costringere persino a disinteressarsene, ignorando lo stato effettivo della ricostruzione. Pian piano si vedono spuntare gru, i colori delle case iniziano a splendere, qualche via del centro torna accessibile ai pedoni, le attività commerciali riaprono in altri punti periferici della città, ma tutto ciò è come se rimanesse ancorato soltanto alla dimensione percettiva, all’impressione che di giorno in giorno, di mese in mese, si forma in noi; ma non ha nulla a che fare con il dato reale, con i numeri. Ogni anno al cadere dell’anniversario del terremoto escono tabelle e statistiche su quanto realizzato fino a quel momento e previsioni che azzardano un esito futuro, e ogni anno che passa tendono a interessare un po’ meno il dibattito pubblico. Chi è tornato a vivere nella propria abitazione ha ricominciato a combattere con le cose di tutti i giorni e con la difficoltà di vivere in una città ferita, menomata, anormale; chi invece attende i lavori di ricostruzione si districa tra burocrazia e procedure contorte, e intanto sospira.
Qual è allora lo stato della ricostruzione, anzi, delle ricostruzioni? C’è da premettere che reperire i dati, sebbene siano per lo più resi pubblici sui siti web degli uffici speciali, non è cosa facile. Spesso i siti non sono aggiornati, in molti casi non è del tutto immediata la loro leggibilità, e ciò è dovuto a due fattori principali: in primo luogo questi uffici soffrono cronicamente di una carenza di forza lavoro, e in più la mole di dati da dover gestire in modo combinato con un gran numero di altri enti rende davvero arduo il compito. I dati, inoltre, sono divisi per tipo di ricostruzione – quella degli edifici privati e quella pubblica – a cui si aggiunge, almeno per l’Emilia Romagna, anche lo stato dei lavori delle attività produttive[1]. È difficile soffermarsi sulle complesse e mutevoli procedure che negli anni hanno normato la ricostruzione; potrebbero tuttavia essere così riassunte: per ogni singola casa, condominio o per ogni aggregato urbano, il tecnico, scelto dal proprietario o dai proprietari, provvede a redigere un progetto preliminare (scheda parametrica), nel quale per il tipo di danno, il tipo di edificio, il tipo di valore artistico, presenta una spesa quantificabile; questo progetto preliminare deve essere approvato dall’Ufficio Speciale per la ricostruzione di riferimento, il quale fornisce una prima valutazione economica orientativa. A questo punto il progettista provvede a stendere il progetto esecutivo con tutti gli specifici interventi strutturali, architettonici, di restauro artistico se necessario, che poi va riconsegnato per l’approvazione definitiva oltre che all’Ufficio Speciale, anche al Comune, alla Soprintendenza, in caso di vincolo artistico, e al Genio Civile. Ciascuno di questi enti valuterà le parti del progetto di propria competenza e si esprimerà favorevolmente o meno. A quel punto non resta che attendere i tempi del finanziamento (che a seguito delle varie valutazioni può variare rispetto a quanto richiesto dal progettista) che sarà erogato direttamente sul conto del proprietario dell’abitazione; solo allora si potrà procedere all’avvio del cantiere. I tempi per l’assegnazione del finanziamento cambiano a seconda del tipo di danno (più o meno grave), del tipo di edificio (in cemento armato, in muratura o misto), di dove si trova l’edificio (in periferia o in centro storico); incidono anche altri fattori, come la costituzione degli aggregati (quanto tempo impiegano i proprietari a trovare tra loro un accordo), la mole di lavoro accumulata dal singolo tecnico, la quantità di fondi che vengono messi a disposizione dal Governo, la forza lavoro degli Uffici Speciali e degli altri enti. Di variabili ce ne sono a dozzine.
Gli uffici speciali che si occupano della ricostruzione a seguito del terremoto del 2009 sono due: l’Ufficio Speciale per la Ricostruzione dell’Aquila (USRA) e l’Ufficio Speciale per la Ricostruzione dei Comuni del Cratere (USRC). Entrambi hanno un sito web dove viene aggiornato periodicamente lo stato dei lavori. A questi due siti si è aggiunto, per garantire maggiore trasparenza e facilità di reperimento dei dati un altro portale creato dal Gran Sasso Science Institute[2] in collaborazione col Comune dell’Aquila, gli Uffici Speciali e ActionAid[3].
Sul sito dell’USRA, in dieci anni, la percentuale degli importi istruiti sul totale richiesto è arrivata al 72,70%, mentre quella pubblica al 62,23%[4]. Osserviamo i dati più da vicino iniziando dalla ricostruzione privata: nel solo Comune dell’Aquila (per estensione tra i maggiori d’Italia) sono state presentate 29.592 pratiche per un importo totale richiesto di oltre 8 miliardi di euro, di cui 24.923 sono state istruite e dunque sono stati concessi fondi per più di 5 miliardi, 1.688 restano da istruire per un importo di oltre due miliardi, mentre 2.981 pratiche sono state annullate o archiviate. Dunque: solo un quarto della ricostruzione privata deve ancora essere finanziato, ma in realtà ciò non significa che i lavori siano stati già effettuati, bensì soltanto che i progetti sono stati approvati. L’unico dato disponibile sul sito circa l’effettivo stato dei lavori è invece aggiornato ad aprile 2017 e riporta queste cifre: ricostruzione della periferia all’84%, del centro storico al 54%[5]. Tuttavia il dato non è chiaro: non è specificato in quale percentuale siano inseriti i centri storici delle numerose frazioni dell’Aquila, i quali in molti casi sono pressoché fermi al 2009. È difficile sapere quanti lavori siano stati conclusi, quanti siano in cantiere e quanti attendano ancora l’avvio. Ad ogni modo, la prospettiva che ipotizzava nel 2018 il responsabile dell’USRA, Raniero Fabrizi, era di ultimare la ricostruzione privata del centro storico entro il 2021 e delle frazioni nel 2023[6].
Per quanto riguarda la ricostruzione pubblica, i dati sul sito dell’USRA sono ancora più scarsi e si riferiscono soltanto ai fondi: importo finanziato 1,99 miliardi di euro, liquidato 1,31. Dobbiamo spostarci sul sito di OpenData Ricostruzione pubblica del Gran Sasso Science Institute e andare nella sezione dedicata al Comune dell’Aquila[7]: al 31 agosto 2017 i progetti presentati per scuole, ospedali, cimiteri, case popolari, edifici istituzionali e via dicendo, erano 437, dei quali erano stati portati a termine i lavori per soli 168 – appena il 38,4%. Ancor peggio è osservare l’avanzamento dei lavori nel tempo: dal 2010, anno di inizio della ricostruzione, al 2012, c’è stato un aumento costante dei lavori: 18 conclusi nel 2010, 33 nel 2011, 82 nel 2012; poi il numero ha iniziato a scendere drasticamente fino a toccare quota 2 nel 2015 e a fermarsi negli anni successivi.
Di esempi se ne potrebbero fornire diversi, come la sede del Comune dell’Aquila in Piazza Palazzo, i cui lavori di ricostruzione sono partiti soltanto nell’estate 2018, è interessante però soffermarsi sullo stato della ricostruzione delle scuole di competenza proprio del Comune: di 59 plessi scolastici, tra istituti per la prima infanzia, per l’istruzione materna, primaria e secondaria, quasi nessuno di essi in dieci anni è stato ricostruito, a fronte dei 42 milioni di euro già finanziati[8]. I lavori sono partiti solo per la scuola primaria Mariele Ventre di Pettino nel 2018. Per dare un’idea, ci sono bambini aquilani che da quando sono nati hanno svolto lezione soltanto dentro i M.u.s.p. (Moduli ad Uso Scolastico Provvisorio), edifici prefabbricati in plastica e acciaio, e che, se i tempi resteranno questi, rischiano seriamente di rimanerci per l’intera la durata della scuola dell’obbligo.
Non è tutto. Questi dati riguardano il solo Comune dell’Aquila, ma i Comuni inseriti nel Cratere Sismico del 2009 furono ben 56, e a questi andrebbero anche aggiunti i dati dei Comuni che hanno subìto danni dal terremoto pur restando fuori geograficamente dal detto Cratere[9]. Le risorse complessive programmate per la ricostruzione pubblica, scolastica e privata ammontano a 3,42 miliardi di euro. Per la ricostruzione pubblica sono stati approvati 160 progetti per un importo di 58,8 milioni di euro su 126 milioni totali gestiti dall’USRC: 84 sono i cantieri ultimati e 35 quelli in corso, mentre ammontano a 43 i cantieri in fase di affidamento lavori e 71 ancora in fase di programmazione e progettazione. Pare dunque che la ricostruzione pubblica abbia superato appena il 50%.
La ricostruzione scolastica è inquadrata in un complesso progetto di riqualificazione di 155 edifici divisi fra le 4 province per 96 comuni totali. La somma stanziata è di circa 226 milioni di euro. A fine 2018 sono stati utilizzati 152 milioni di euro per 45 interventi conclusi, 52 in esecuzione, 27 in progettazione, 12 in programmazione e 19 definanziati.
La situazione dei lavori sull’edilizia privata invece è molto diversa. Se al di fuori del Cratere su 3.610 abitazioni inagibili ne sono state riparate circa il 50%, la ricostruzione dentro il Cratere sismico è, invece, ferma al solo 24%: 5.704 abitazioni tornate agibili a fronte di 23.240 inagibili.
Spostiamoci in Emilia Romagna e proviamo a fare un raffronto, tenendo però presente il minor numero totale di edifici danneggiati, un terzo circa rispetto all’Abruzzo, la minor presenza di edifici storici e un numero maggiore, invece, di attività industriali[10]. In Emilia il 31 gennaio 2019 l’87% della ricostruzione privata è stata terminata o cantierizzata. Le risorse assegnate ammontano a 2,7 miliardi di euro, dei quali ne sono stati pagati 2. Per quanto attiene alla ricostruzione pubblica c’è anche qui una flessione[11], che ancora stenta per le “complessità progettuali e la necessità di mettere d’accordo professionisti ed enti chiamati a fornire pareri vincolanti per il nullaosta ai cantieri[12]”. Per quel che riguarda i centri storici, tra opere pubbliche e private, a metà dello scorso anno la percentuale di cantieri già conclusi o avviati si attestava al 60%, per circa 2.600 interventi e quasi un miliardo di spesa[13]. Infine, per lo stato dei lavori delle attività produttive, rimando ai dati contenuti sul sito della Regione Emilia Romagna. Dando però uno sguardo alle mappe dei singoli Comuni la quasi totalità dei cantieri è concluso o avviato.
Prima di vedere a che punto si trova la ricostruzione del Cratere sismico del Centro Italia è bene spendere poche righe sulle tempistiche facendo un confronto con la ricostruzione del 2009.
In Abruzzo, la ricostruzione definita leggera (ossia di edifici che riportarono danni lievi A o B per un numero complessivo di 31mila abitazioni), iniziò fine 2009 con 8.590 pratiche approvate. L’anno successivo se ne aggiunsero 13.217. Non tutti questi progetti divennero subito cantieri, ovviamente; le stime ufficiali parlano però di oltre 10mila case ristrutturate, per un totale di contributi di oltre 700 milioni di euro[14]. La ricostruzione pesante (danni gravi agli edifici nei centri storici, per un totale di 10mila abitazioni), invece, iniziò molto più lentamente, a fine 2011, ma il grosso dei lavori partì soltanto nell’estate del 2012, a oltre tre anni dal sisma.
Se volessimo ricavare i dati sulla ricostruzione del Centro Italia attraverso i siti web degli Uffici Speciali delle quattro regioni o nel sito governativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, rimarremmo sostanzialmente a bocca asciutta[15]: solo il sito delle Marche mostra un elenco di contributi per la ricostruzione concessi, quello del Lazio riporta la cifra totale dei contributi concessi (poco più di 49 milioni di euro) e liquidati (circa 16 milioni di euro), quello dell’Umbria non fornisce nulla e quello abruzzese, al momento in cui si scrive, neanche apre la pagina dedicata.
Per avere un quadro dobbiamo perciò rifarci ai siti di informazione, dove la ricostruzione viene definita “un miraggio” o “ferma al palo”, ed evincere come alle tante promesse governative non abbia fatto seguito uno snellimento delle pratiche burocratiche e lo sblocco dei fondi necessari. Riferendoci soltanto alla ricostruzione privata (dato che, come abbiamo visto per gli altri terremoti, quella pubblica ha tempi endemicamente più dilatati), gli edifici che hanno riportato danni di ogni entità sarebbero 59.652[16]. L’uso del condizionale ‘sarebbero’ è qui obbligato, perché si tratta di un dato ancora parziale, in quanto delle 66.575 schede AEDES (Agibilità e danno nell’emergenza sismica) con le quali i tecnici dovevano valutare il tipo di danno per ogni abitazione, ancora circa 12mila risultano da completare. Per ammissione del commissario alla Ricostruzione Piero Farabollini, invece, le domande stimate sarebbero addirittura 96mila[17].
Al gennaio 2019 le pratiche di richiesta per il contributo di ricostruzione rappresentavano solo il 13%, e di queste circa 13mila richieste risultavano essere state esaminate, con approvazione o rigetto, poco meno del 30%. Infine, gli edifici privati riparati, alla fine dell’anno, erano appena 763, mentre i lavori sono in corso in altri 1.264 cantieri[18]. Una catastrofe umana oltre la catastrofe naturale, insomma.
Tra i motivi che stanno tutt’ora causando un ritardo così imbarazzante ci sarebbero: il complesso impianto burocratico per la presentazione della domanda[19], il susseguirsi dei diversi Commissari per la ricostruzione (Vasco Errani, Paola De Micheli, Piero Farabollini)[20], lo scarso numero di tecnici impegnati negli uffici speciali (oltretutto con contratti a tempo determinato)[21], nonché i problemi causati dalla piattaforma online MUDE[22] (Modello Unico Digitale per l’Edilizia) per la presentazione delle domande, la quale non funziona a dovere ed è, per così dire, ‘poco intuitiva’.
Davanti a uno scenario simile, il tentativo che fanno terremotati e osservatori è di capire non tanto perché le cose non vadano, ma perché non si vuole che vadano. La cosiddetta “strategia dell’abbandono[23]”, teoria con cui si ritiene che svuotare le aree interne per favorire investimenti selvaggi sia un preciso scopo politico, attecchisce, prende corpo, fornisce quelle risposte che altrimenti, di fronte a un muro di gomma, resterebbero mute.
Da terremotato di lungo corso credo che le cause siano evidentemente da ricercare nel connubio tra volontà politica, risorse economiche, capacità organizzative e normative chiare ed efficaci: c’è da lottare finché non si raggiunga ciò che per i terremotati rappresenta non solo bisogno, ma fondamentale diritto.
Note
[1] Il periodo di riferimento è marzo 2019.
[2] www.gssi.it
[3] opendataricostruzione.gssi.it
[4] www.usra.it/numeri-della-ricostruzione
[5] www.usra.it/6-aprile-2009-6-aprile-2017
[6] R. Ciuffini, L’Aquila e Cratere: lo stato della ricostruzione a nove anni dal terremoto, «news-town.it», 4 aprile 2018.l
[7] opendataricostruzione.gssi.it/ricostruzione-pubblica/comuni-pubblica/66049
[8] N. Avellani, Scuole, il “programma della ricostruzione”: come si ricollocano i plessi, «news-town.it», 7 dicembre 2018.
[9] www.usrc.it
[10] openricostruzione.regione.emilia-romagna.it; per semplicità si prendono in considerazione solo i dati dell’Emilia Romagna tralasciando le province di Mantova e Rovigo.
[11] Per 1.805 interventi sono state assegnate risorse per 361 milioni di euro a fronte dei 1.497.334.284 € necessari. Su 1.622 pratiche finanziate per 1.299.092.263 €, di cui in attuazione, quindi non ancora cantierizzati, 1.166 interventi, per i quali però sono previsti 701 milioni di euro. Quel che manca è una cifra effettiva dei beni pubblici ricostruiti, a meno di contare manualmente, Comune per Comune, lo stato dei lavori.
[12] F. Dondi, La ricostruzione post-sisma: i centri sono grandi malati, «gazzettadimodena.gelocal.it», 19 maggio 2018.
[13] Ivi.
[14] Relazione sullo stato della ricostruzione, Commissario delegato per la ricostruzione, Presidente Regione Abruzzo Gianni Chiodi, febbraio/novembre 2010, consultabile su www.comune.laquila.gov.it
[15] www.regione.marche.it/Regione-Utile/Ricostruzione-Marche; www.sismaumbria2016.it; www.sisma2016abruzzo.it; www.ricostruzionelazio.it/ricostruzionelazio; sisma2016.gov.it.
[16] www.teknoring.com/news/cantiere/terremoto-ricostruzione-centro-italia-rpt
[17] M. Sensini, «Ricostruzione tra lusco e brusco»: la gaffe del commissario alla Camera, «corriere.it», 23 gennaio 2019.
[18] Ivi.
[19] Terremoto Centro Italia: l’Anci ha incontrato il commissario Farabollini. Mangialardi, “accelerare tempi della ricostruzione. Molti nodi ancora irrisolti”, «agensir.it», 5 febbraio 2019.
[20] Sisma Centro Italia, il nuovo commissario alla ricostruzione è il geologo Piero Farabollini, «repubblica.it», 5 ottobre 2018.
[21] D. Nalbone, V. Nicolosi, Esclusivo TPI: Terremoto Centro Italia, vi riveliamo come il governo sta impedendo la ricostruzione, «tpi.it», 16 gennaio 2019.
[22] www.mude.piemonte.it/site/terremoto-centro-italia
[23] L. Animali, Così il terremoto ha ridato linfa alla strategia dell’abbandono, «lostatodellecose.com», 11 ottobre 2017.
Il libro. Ogni terremoto è un fatto culturale e sociale, ancor prima che materiale e geologico: sopra la polvere si aggregano narrazioni condivise, fatte di avvenimenti reali e dicerie fuse insieme, o personali, trattenute dolorosamente nel profondo dell’animo; sotto, le dinamiche politiche, economiche, sociali alimentano una ridda di voci, teorie e norme che non sempre riescono a dare piena risposta ai bisogni dei terremotati. Le narrazioni dei disastri sismici degli ultimi dieci anni tendono a scindere i due aspetti: o sono asettiche raccolte di dati, o sono storie strappalacrime. Con grande senso dell’equilibrio e un profondo istinto giornalistico, lucido, empatico e privo di pietismi, Alessandro Chiappanuvoli, reporter di «Internazionale» per il sisma del Centro Italia, porta allo scoperto lo stato fisico e mentale di chi ha vissuto e ancora vive nella terra di un terremoto emblematico, quello dell’Aquila del 2009.
Ogni aspetto è esaminato da un duplice punto di vista, quello del racconto e quello dell’inchiesta, per restituire un’immagine potente, complessa e completa, della vita dei luoghi in ricostruzione. Pubblicato dalla casa editrice Effequ a maggio 2019, il libro Sopra e sotto la polvere. Tutte le tracce del terremoto (pp. 336, 15 euro) è diviso in due parti, la prima composta da 17 racconti narrativi, la seconda da 17 saggi d’inchiesta: ogni racconto è legato a un saggio attraverso il tema trattato.
Il saggio qui proposto, Lo stato della ricostruzione, collegato al racconto Abitudine, analizza e mette a confronto i dati sulle ricostruzioni dei tre grandi terremoti recenti: L’Aquila, Emilia e Centro Italia.
L’autore. Alessandro Chiappanuvoli (L’Aquila, 1981) dal 2016 si occupa di terremoti per «Internazionale». Ha pubblicato Lacrime di poveri Christi – Terzigno: cronache dal fondo del Vesuvio (Arkhè, 2011), un reportage narrativo sullo scandalo rifiuti in Campania, e la silloge di poesia Golgota (Zona, 2013). Suoi scritti e articoli sono apparsi su Stella d’Italia. A piedi per ricucire il Paese (Mondadori, 2013), «Il Manifesto», «Il Messaggero», «Effe – Periodico di altre narratività»; e sui blog «Nazione Indiana», «Il Primo Amore», «Doppiozero» e altri.
Il fotografo. Ad accompagnare sullo Stato delle cose l’estratto dal libro di Alessandro Chiappanuvoli le immagini di Danilo Garcia Di Meo. Nato a Roma dopo il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti, dove si specializza in Grafica e Fotografia, frequenta Masterclass presso la Leica Akademie Italy a Milano con Marc De Tollenaere, a Roma presso Officine Fotografiche con il photo editor National Geographic Marco Pinna e con Lina Pallotta. Attualmente come freelance collabora con diverse ONG, agenzie di stampa e associazioni per la realizzazione di reportage, soprattutto in ambito sociale; come docente per workshop e seminari di fotografia sociale. Collabora con Giulio Di Meo. Nel 2019 partecipa a Master of Photography. Ha vinto il Gran Premio all’ “Andrei Stenin International Press Photo Contest”, i “Tokyo International Fotography Awards”, i “Moscow International Fotography Awards”, “VOHH – Voice of Human and Hope”, Remarkable Award ai “Siena International Photo Awards”, “Slideluck – Napoli”, “I love my work”. Ha esposto a Mosca, Berlino, Budapest, Città del Capo, Atene, Chittagong, Città del Messico, Istanbul, Shanghai, Ljubljana, Krasnodar (Photovista), Indian Photography Festival, Roma, Napoli, Perugia, Bologna, Ferrara. Documenta “Le donne del muro alto” al carcere di Rebibbia femminile.
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
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