Il benzinaio dove i motociclisti erano soliti radunarsi durante le scorribande sulle strade dei Sibillini è sommerso da un cumulo di macerie ormai ammuffite dalla neve e dalla pioggia. Oltre la zona rossa, Piazza Martiri Vissani e i suoi palazzi gentilizi rinascimentali, le chiese gotiche, i torrioni medioevali, restano abbandonati e inaccessibili. Sono passati quasi quattro mesi dalla sera del 26 ottobre, quando la terra ha tremato forte due volte e ha fatto scappare via tutti. Prima erano 1100 i residenti del piccolo gioiello nelle Marche, ai confini dell’Umbria. Che d’estate si riempiva di villeggianti da tutta Italia. Oggi è rimasta una micro comunità di 50 persone che resiste a denti stretti. E che ora non ha nemmeno più l’unico punto di riferimento per compattarsi: la mensa dell’Esercito dove, dal 15 febbraio, non saranno più serviti pasti caldi ai civili. “Abbiamo chiesto al sindaco di venirci incontro. Ma ancora non c’è stata risposta. Farsi da mangiare è un problema per chi, come noi, non ha più casa. E quel luogo era vitale anche per incontrarsi”, racconta Margherita Lemmi, geologa, una delle poche abitanti della Visso post sisma.
A tutt’oggi i container non sono ancora stati inaugurati. Disposti a pettine in uno spiazzo che a Visso chiamano “il piano”, sono pensati per ospitare 48 persone, in 16 stanze dormitorio allineate sui due fianchi del grande salone centrale. Ma non si sa ancora chi vi prenderà alloggio, rinunciando alla sistemazione in albergo e al contributo statale per autonoma sistemazione.
Nel nuovo municipio, ricavato dagli ex spogliatoi della piscina comunale, i tecnici cercano di fare ordine nel caos delle disposizioni burocratiche davanti ai computer e fra pile di pratiche. Spiegano che i container sono arrivati a Visso il 20 gennaio. Il loro iter è intricato. Prende il via quando la Protezione civile si rende conto di non aver previsto l’utilizzo di container in caso di calamità nel suo piano emergenza 2014, e di aver predisposto – ricostruisce il Fatto Quotidiano – solo bandi per casette di legno (le cosiddette Sae: Soluzioni abitative emergenziali). Ma il sisma continua e con l’incedere dell’inverno il bisogno di moduli si fa urgente, finché Consip (la centrale d’acquisti del Ministero dell’economia e della finanza), dopo il ddl sul terremoto dell’11 novembre, convoca in tutta fretta tre gare d’appalto, una dietro l’altra, per rifornirsi di container. Con basi d’asta che lievitano da 20 a 36 milioni.
I container di Visso sono stati affittati dalla triestina Italspurghi Ecologia, azienda che assieme ad altre sei partecipanti ha vinto la prima delle tre gare, quella del 17 novembre. Gli arredi interni, di competenza d’una seconda società, sono stati appena installati. Mancano gli allacci ai servizi, che spettano al Comune, in una lottizzazione delle competenze che complica ancor di più il quadro. Nulla ancora si sa delle casette di legno. In municipio non forniscono notizie sulle pratiche relative. Si ha l’impressione che l’argomento desti nervosismo.
Per ora i vissani rimasti vivono raggruppati in un campo di roulotte sorto spontaneamente presso il centro polisportivo. Nuclei familiari per lo più di giovani che hanno affrontato il gelo dell’inverno. Lungo le strade del centro ancora agibili si incrociano, in un silenzio più spettrale che ovattato, solo squadre di pompieri e manovali che mettono ponteggi, murano i portoni di ingresso delle banche. Tutta Visso è sfollata negli alberghi sulla costa, qualcuno fa il pendolare. Come Fabio Cerri, il titolare della Pasticceria Vissana, uno dei pochissimi esercizi ad aver riaperto, assieme a una farmacia e a un alimentari: “Ogni giorno parto da Porto Sant’Elpidio alle 4 e torno alle 21. Ora stiamo per traslocare il laboratorio fuori dalla zona rossa. Rifornivamo rifugi, campeggi, alberghi della zona. Lavoravamo molto anche verso l’Umbria, ma la strada che porta a ovest, oltre la Valnerina, ora è tappata da una frana”. E Visso resta tagliata fuori da mezza Italia.
(una versione di questo articolo è stata pubblicata su Avvenire il 14 Febbraio 2017)
Il fotografo. Ennio Brilli vive a Fermo. Ha realizzato reportage in Africa, America Latina e Paesi dell’est Europa (Balcani, Caucaso). Ha pubblicato su Diario, Il Manifesto, La Stampa, Il Reportage, Pagina99, La Repubblica. Suoi documentari sono stati trasmessi da reti televisive fra cui Rainews. Altre pubblicazioni: Il pane offeso, testi di autori vari, edizioni Culturaglobale, 2013; Parchi da leggere, AA.VV. e testi di Tonino Guerra, Edizioni Scientifiche Italiane, 2011; Palmiro, ristampa del libro di Luigi Di Ruscio, Ediesse, 2011; Consiglio di classe, testi di Angelo Ferracuti, Ediesse, 2009; Viaggi da Fermo, Laterza, 2009, testi di Angelo Ferracuti; Dove lavorare non stanca, Camera di Commercio di Ancona, Il Lavoro Editoriale, 2005; Le Ombre, testo di Antonio Moresco, Editoria e Spettacolo, 2004
Il giornalista. Marco Benedettelli, giornalista professionista, è nato ad Ancona e vive e lavora a Porto San Giorgio (Fermo). E’ responsabile della comunicazione per la ong Cvm (Comunità volontari per il mondo). Collabora con Avvenire e ha collaborato, come freelance, con il Manifesto, Sole24ore.it, D di Repubblica, Nigrizia, Vita no profit, coi quotidiani locali di Ancona e con altre testate. Dal 2009 è direttore responsabile di “Argo. Rivista di esplorazione”. Ha scritto su Nazione Indiana e ha collaborato con il collettivo 48ore.com (oggi off-line). Nel 2012 ha pubblicato la raccolta di racconti La regina non è blu (Gwymplain).
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