Fin da tempi antichissimi Visso ha dovuto fronteggiare catastrofi che hanno messo in serio pericolo la sua sopravvivenza. Nel 1400 conobbe la peste e i saccheggi delle compagnie di ventura che fecero passare alla storia questo periodo come “la ruina di Visso”, più tardi l’assenza di terreni coltivabili nell’area la catapultò al centro di numerose battaglie fino all’invasione dell’esercito napoleonico nel 1799. Il terremoto del 26 ottobre sembra tragicamente voler perpetrare questa sfortunata e travagliata storia. La mattina seguente al terremoto il centro storico è inaccessibile, l’80/90 per cento degli edifici danneggiati e decine di persone affollano il temporaneo centro di accoglienza, posto subito al di fuori del centro storico. Tra gli abitanti regna sovrana rassegnazione e disperazione, alcuni riescono tuttavia a farsi forza e svuotare le proprie attività commerciali degli ultimi beni prima di andarsene per essere ricollocati chissà dove. Gli abitanti del centro vengono invece accompagnati dai Vigili del fuoco a prendere beni e certe volte pure i propri animali domestici all’interno delle abitazioni ormai distrutte. Improvvisamente si alza lo sguardo e oltre i tetti degli edifici si scorgono le cime delle montagne che circondano la cittadina, e questa distruzione, questa disperazione, sembra in qualche modo cozzare con la limpida bellezza di quelle valli. Il terremoto tuttavia rischia di mettere in serio pericolo la futura sopravvivenza di questa città, i giovani che ormai se ne erano già andati in massa non avranno più un luogo dove tornare, gli anziani saranno portati altrove a causa della inagibilità delle proprie abitazioni. Il centro storico è distrutto e l’unica vero sollievo rimane l’assenza di vittime, grazie all’immediata e condivisa reazione dinanzi a un’altra precedente scossa che nella notte aveva già messo in allerta la popolazione. Tuttavia la dignità e la forza di queste persone che hanno perso tutto sembra quasi voler sfidare le forze stesse della natura. Si usa dire che la gente di montagna è forte, ma non per questo dovrà essere lasciata abbandonata a se stessa.
L’autore. Gabriele Cecconi è nato nel 1985 a Foligno e vive e lavora a Perugia. Dopo gli studi in giurisprudenza decide di dedicarsi interamente alla fotografia. Selezionato da Camera Torino e Leica Akademie ha seguito una masterclass dell’agenzia Magnum guidata dal fotografo Alex Webb. Si occupa in primo luogo di fotografia sociale. Ha esposto i suoi lavori in mostre collettive e personali, nonché in alcuni festival, e ha pubblicato su testate giornalistiche a diffusione nazionale. Rispetto al lavoro documentario sul sisma, il suo progetto sui commercianti di Norcia dopo il terremoto è stato pubblicato su Internazionale.
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
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