La concattedrale di San Catervo è il duomo di Tolentino ed è dedicata al nobile romano che, secondo la tradizione, portò per primo il cristianesimo nelle terre tolentine, e per questo subì il martirio. San Catervo ha visto susseguirsi diverse fasi costruttive l’ultima delle quali, datata a partire del 1820, ha dato un assetto architettonico di tipo neoclassico ed ha cambiato l’orientamento della chiesa da est-ovest a ovest-est, ponendo l’ingresso dove era il presbiterio della chiesa monastica del 1256 del quale rimane il grandioso portale ubicato sul lato sinistro della Chiesa.
L’edificio a tre navate, inglobante le strutture della costruzione precedente, fu realizzato a croce latina con transetto terminante con due cappelle radiali. In fondo alla navata sinistra si apre la Cappella di San Catervo che racchiude il suo grandioso Sarcofago, ricavato da un unico blocco di marmo. Dall’iscrizione inclusa nella tabula del sarcofago si viene a conoscenza che Flavio Giulio Catervio era di nobile famiglia senatoria, che era stato prefetto del pretorio, che morì all’età di 56 anni e che tale monumento fu fatto costruire dalla moglie per ambedue. Entrando nella Cattedrale si notano immediatamente i frammenti di intonaco dipinto caduti dalle volte a causa delle scosse del 2016.
L’intero edificio è nuovamente inagibile a pochi anni dalla ristrutturazione che si era resa necessaria a seguito di un altro tremendo sisma, quello del 1997. Talune porzioni delle navate sono crollate e il lucernario ha subito alcuni danni. Anche esternamente il timpano e l’abside hanno subito danni. Particolarmente colpita è la Cappella del Santo con notevoli distacchi dalle coperture. Ma la cosa veramente impressionante me la svela il parroco, don Gianni Compagnucci, che mi apre le porte della sacrestia completamente squassata dalle scosse. “Vedi quel quadro? Io non ho paura ad andare a tirarlo giù dal muro ma la soprintendenza ci ha detto che dobbiamo lasciare tutto così e che non possiamo spostare nulla”.
L’autore. Mario Rota è del 1967, è laureato in Lettere Classiche con una tesi in archeologia e vive a Bergamo. Inizia a fotografare in modo assolutamente inconsapevole sin da piccolo. Tra il 1989 ed il 1994 partecipa come archeologo e documentarista a diverse spedizioni scientifiche in Nord Africa, Turchia e Grecia approfondendo l’uso della luce, la composizione e l’arte di improvvisare in condizioni spesso impossibili. Da qui il suo approccio con la fotografia cambia e inizia a pensare che possa diventare una professione: negli anni successivi è impegnato nella riproduzione fotografica di beni storico-artistici per conto di istituzioni pubbliche e private italiane ed estere. Ora lavora come freelance per agenzie ed aziende, collabora con testate locali, nazionali ed estere e organizzazioni no profit, segue il mondo del teatro, della danza e della musica e dal 2003 fa parte di uno studio internazionale di fotografia di matrimonio. Ha all’attivo più di venti esposizioni personali e collettive.
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
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