La chiesa del Santissimo Crocifisso, o Chiesa dei Cappuccini, è una tipica Chiesa Cappuccina che trae le sue origini dalla venuta dei Cappuccini nel territorio Tolentinate intorno al 1539, che ne iniziarono poi la costruzione nell’anno 1589. Internamente lo stile è quello tipico Cappuccino delle origini, con un’unica navata con tre cappelle ed altari da un lato. Tra le opere più significative in essa conservate ci sono una tela di ambito fiammingo del XVI secolo, “Cristo nell’orto” e la pala dell’altare che rappresenta “La Madonna con il Bambino”. Quest’opera, considerate le condizioni, ha incerte attribuzioni. In una lettera inviata ai Priori di Tolentino nel 1604 da Lancillotto Mauruzi, veniva raccomandato il famoso pittore Michelangelo Merisi da Caravaggio, ospite della città di Tolentino, e per questo motivo l’opera è stata anche attribuita al grande maestro entrato nella storia dell’arte di tutti i tempi.
Giunti in Piazza Porcelli nel settore settentrionale del centro cittadino, un primo sguardo alla facciata, apparentemente integra non permette di presagire il perché dell’inagibilità dell’edificio. Entriamo nella sagrestia e solo quando ci accorgiamo che alcune macerie ostruiscono l’apertura della porta che immette verso la chiesa comprendiamo la portata del colpo inferto dal terremoto. La volta della nave è, infatti, integralmente crollata e la volta del transetto presenta vistose crepe.
La situazione è decisamente pericolosa pertanto mi addentro da solo nella chiesa rimanendo a contatto di voce con le persone in sagrestia alle quali comunico i miei movimenti lungo le cappelle laterali e la navata. Certamente è l’edificio che colpisce di più per i danni. A terra giacciono stucchi ed affreschi ed è veramente difficoltoso muoversi tra le macerie che hanno sepolto completamente i banchi lignei rinnovati poco prima del sisma. Pesantemente colpito anche il tabernacolo ligneo e la succitata pala d’altare che presenta visibili squarci.
L’autore. Mario Rota è del 1967, è laureato in Lettere Classiche con una tesi in archeologia e vive a Bergamo. Inizia a fotografare in modo assolutamente inconsapevole sin da piccolo. Tra il 1989 ed il 1994 partecipa come archeologo e documentarista a diverse spedizioni scientifiche in Nord Africa, Turchia e Grecia approfondendo l’uso della luce, la composizione e l’arte di improvvisare in condizioni spesso impossibili. Da qui il suo approccio con la fotografia cambia e inizia a pensare che possa diventare una professione: negli anni successivi è impegnato nella riproduzione fotografica di beni storico-artistici per conto di istituzioni pubbliche e private italiane ed estere. Ora lavora come freelance per agenzie ed aziende, collabora con testate locali, nazionali ed estere e organizzazioni no profit, segue il mondo del teatro, della danza e della musica e dal 2003 fa parte di uno studio internazionale di fotografia di matrimonio. Ha all’attivo più di venti esposizioni personali e collettive.
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
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