Dopo poco più di un anno di lavoro, per lo più notturno, per le vie del dell’Aquila e della provincia colpita dal terremoto, scrissi questa breve introduzione al mio progetto Temporary?Landscapes:
“…18 giugno 2010. 3.20 del mattino. Cammino col cavalletto in mano e riesco a sentire solo i miei passi e il rombo di una macchina di militari che si avvicina.
Tutto il resto è silenzio.
Tutto il resto è fantasma. L’Aquila, la città fantasma.
Dopo quasi due anni dal terremoto che ha distrutto uno dei centri storici più belli ed estesi d´Italia oltre a numerosi paesi della provincia, le presenze si percepiscono più forti, attraverso le assenze. Negli edifici sventrati sembra di sentire nitido il vociare delle famiglie intorno al tavolo, di scorgere dalle finestre le luci bluastre dei monitor di giovani universitari davanti al pc, di poter rubare l’intimità della gente con un semplice acuirsi dell’udito e della vista.
E invece, si tratta solo d’immaginazione. Quelle vite sono altrove.
Sono a terra sparpagliate negli oggetti, mutilati, abbandonati, dimenticati, smarriti.
Sono altrove chiuse in pochi metri di asettiche Unità Abitative: vite sradicate, violentate, coartate a perdere la memoria. E’ questo il prezzo? Si deve cancellare il proprio passato, la propria identità in nome dell’emergenza?
“Come ci si può sentire quando le porte della propria casa sono chiuse e non ci è permesso di aprirle?”. Allora proviamo ad aprire le porte della notte e ci troviamo la spettralità di paesaggi temporanei (?)”.
Temporary?Landscapes è stato un progetto fotografico che intendeva riportare l’attenzione sulla situazione de L’Aquila e, attraverso le immagini e il coinvolgimento attivo delle persone sul territorio, restituire la città ai suoi abitanti.
In occasione del secondo anniversario dal terremoto del 2009, il 6 aprile è stata realizzata un’installazione fotografica lungo il perimetro intorno alla zona rossa de L’Aquila e in alcuni dei paesi limitrofi, utilizzando, oltre ai muri e alle transenne ormai parte integrante del panorama urbano, alcuni dei molti spazi pubblicitari in disuso da due anni: un’operazione che intendeva trasformare la città e le aree circostanti in uno spazio espositivo a cielo aperto, che stimolasse una riflessione sul tema della costruzione del futuro e di ricostruzione dell’identità urbana e di comunità.
L’immediato post terremoto, il G8, lo stato d’abbandono in cui la città si è cristallizzata nei mesi successivi: perlopiù paesaggi, still-life. Con le mie fotografie ho voluto mettere in evidenza la continua evoluzione dei paesaggi in una situazione d’emergenza e il loro stato di temporaneità, di precarietà, e insieme far emergere l’assenza di una seria programmazione e, almeno in quel momento, di un futuro chiaro per gli aquilani.
Parte integrante del progetto sono stati anche un newspaper a distribuzione gratuita prodotto grazie al supporto di Luz e Come e una mostra itinerante prodotta da Fnac, che si sono andati ad affiancare all’installazione fotografica estendendo oltre i confini del territorio aquilano il messaggio rivolto in primo luogo ai suoi abitanti.
L’autore. Massimo Mastrorillo ha lavorato principalmente a progetti fotografici a lungo termine dedicandosi all’analisi delle profonde conseguenze dei conflitti e dei disastri naturali nella società. Tra i suoi premi: World Press Photo, Pictures of the Year International (terzo premio Magazine photographer of the year) e Best of Photojournalism (terzo premio Magazine photographer of the year)), Fnac Attenzione Talento Fotografico, Pdn Photo Annual, International Photographer of the Year al 5th Annual Lucie Awards, Sony World Photography Awards, Aftermath Grant (finalista nel 2011). E’ stato Talent Manager dell’agenzia Luz, fondatore e docente della Luz Academy e Leica Ambassador. Da anni è impegnato nella didattica con esperienza pluriennale presso la Scuola Romana di Fotografia, la Leica Akademie e la Door Academy. E’ uno dei fondatori di D.O.O.R., una factory romana che lavora con la fotografia, le arti visive e il publishing. Ha fotografato L’Aquila dal 2009 al 2013.
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
Per informazioni e contatti con Lo stato delle cose scrivere qui: osservatoriolostatodellecose
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