Sono nato a L’Aquila anche se da una decina di anni vivo a Rimini e pensavo di conoscere tutte le varie frazioni e paesi attorno alla mia città. Ma quando mi è stato chiesto di fotografare Petogna per lo Stato delle cose sono rimasto sconcertato, non l’avevo mai sentita nominare e non sapevo neanche dove potesse trovarsi. Poi successivamente chiedendo a parenti ed amici, pochi a dire il vero la conoscevano, ho scoperto che faceva parte del comune di Barisciano e che era addirittura il paese del compagno di mia nipote. Il paese è a 824 metri sul livello del mare e quando il sole si è alzato in tarda mattinata pensavo di bruciare. Poi infilandomi nelle viuzze strette ho apprezzato la freschezza dell’aria e la bellezza di questo antico borgo. Molte abitazioni sono inagibili e sono state messe in sicurezza e il paese purtroppo è deserto e silenzioso, come molti centri colpiti dal sisma. I danni non sono stati eccessivi ma anche qui neanche l’ombra di cantieri. I pochi paesani che ho incontrato erano piuttosto scettici sulla possibilità che il paese tornasse a vivere e la frase che più volte mi ripetevano era: se L’Aquila dopo sette anni è ancora così, chi si occuperà mai di noi. A Petogna sono stato colpito in particolare dai vecchi portoni delle case, portoni in legno fatti a mano da fini artigiani. Porte che hanno subito anni di intemperie e che ne portano i segni indelebili, grosse ferite e solchi sulla superficie lignea: le rughe del tempo.
L’autore. Sergio Catitti nasce a L’Aquila nel 1963 e vi resta fino al 1998 quando per motivi di lavoro, si trasferisce a Rimini. Si appassiona alla fotografia sin dall’età di 16 anni e da autodidatta, vi si dedica scattando soprattutto in bianco e nero e stampando da sé le sue foto in camera oscura. Non ha predilezione per uno specifico genere fotografico , anche se continua a preferire il bianco e nero. Ha esposto suoi lavori dal 2013 al 2015 nelle mostre dell’Arte Fiera di Forlì “ Contemporanea “ e Vernice “. Con alcune associazioni fotografiche ha partecipato a diverse mostre collettive e personali.
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
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