PREMESSA METODOLOGICA
La ricognizione qui proposta si è basata principalmente su una ricerca di campo, a partire da un’osservazione etnografica che si basa sull’antropologia della città (Bonnin and De Biase, 2007), ovvero non solo osservazione delle pratiche di vita dei suoi abitanti che tiene la città come sfondo o scenografia, ma anche e soprattutto osservazione della sua produzione fisica, considerando gli edifici e tutto ciò che di fisico costituisce la città, un “deposito” delle azioni e delle pratiche dei diversi attori coinvolti, dal singolo abitante fino alle istituzioni pubbliche e private.
Questo approccio, a cavallo tra diverse discipline e nello stesso tempo fortemente insito nella pratica architettonico-urbanistica (Secchi, 1996), è qui proposto in chiave evocativa, culturale e suggestiva – nel senso di suggerimento – che non arriva quindi alla formulazione di soluzioni tecniche risolutive (Dehaene and Faraone, 2014).
Si pone in continuità con precedenti ricerche e progetti dell’autrice (Faraone, 2011, 2014a, 2014b) e in collaborazione col fotografo Andrea Sarti (Faraone and Sarti, 2013) e trova conforto in una cornice di senso e di esperienze nazionali e internazionali. Campagne d’indagine visuale del territorio sono state portate avanti negli ultimi due secoli da studiosi urbani (architetti e urbanisti, sociologi e antropologi) e fotografi sia in Europa che negli Stati Uniti (Zannier) e questa collaborazione ha restituito una descrizione densa e alla base di molte letture critiche e propositive per la città. A partire dalle esperienze del DATAR in Francia fino alle esperienze più recenti di Linea di Confine a Modena, passando per esperienze esemplari di collaborazione condotte dal fotografo Gabriele Basilico insieme a Stefano Boeri (Basilico and Boeri, 1997) o Guido Guidi con Paola Di Biagi (Di Biagi, 1999) o proprio a L’Aquila dall’architetto-fotografo (Stockel, 1981) e dal fotografo (Berengo Gardin, 1995).
NARRAZIONI
Il progetto di ricerca si è concentrato sugli ambiti periferici di prima e seconda fascia della città di L’Aquila subito dopo il terremoto e ha raccontato in maniera parziale ciò che è avvenuto al centro storico in sè per due motivi. Innanzitutto il paesaggio circostante al nucleo antico di L’Aquila è sempre stato importante tanto quanto il suo centro, da secoli c’è un diretto legame socio-economico, simbiotico, tra centro città e frazioni (Clementi and Piroddi, 1986) e depositato fisicamente nei palazzi e nelle piazze della città (basti pensare alla toponomastica dei luoghi centrali, per esempio Chiesa e Piazza di S.Pietro di Coppito, Chiesa e Piazza di S.Maria di Paganica). In secondo luogo, le prime azioni di post-emergenza e ricostruzione intraprese sia collettivamente che individualmente si sono rivolte proprio a questo ampio bacino territoriale infrastrutturato (cfr. con il PRG espansivo del 1975 e le varianti successive), a disposizione per una ricostruzione immediata. Infine è da ricordare che L’Aquila è una delle province più estese d’Italia e con il secondo centro storico più vincolato per la quantità di patrimonio artistico e architettonico.
La ricerca dunque ha osservato le trasformazioni del territorio fuori dalla città inaccessibile nei primi tre anni dopo il terremoto per poi tornarvi a partire dal 2012, anno dell’entrata in vigore della legge cosiddetta Barca che ha comportato la cessazione dello stato di emergenza e lo sblocco e inizio dei lavori per la ricostruzione del centro storico.
L’obiettivo principale è stato quello di guardare alle trasformazioni avvenute con un occhio specifico, non solo di reportage ma con un taglio architettonico-urbanistico, e nello stesso tempo fornire una diversa narrazione rispetto alle cronache main-stream per le quali a L’Aquila o “è tutto ancora da ricostruire” oppure “è tutto stato risolto”.
L’Aquila, 1/4/2014, Ricostruzione
IMMAGINI
Il racconto per immagini delle ricostruzioni di L’Aquila è stato presentato all’interno della sezione Monditalia della Biennale di Architettura di Venezia 2014 (Koolhaas, 2014) e ha dialogato con le premesse e ipotesi iniziali della mostra stessa. Il corrente stato dell’Italia infatti può essere direttamente rappresentato dal periodo post-terremoto a L’Aquila: mancanza di fondi e di una visione d’insieme a lungo termine, governance instabile, ritardi. Il disastroso terremoto del 6 Aprile 2009 ha infatti provocato un’enorme rottura nella storia della città e del suo sviluppo urbano.
Le decisioni post-emergenza e di ricostruzione si sono sommate al carattere diffuso di città-territorio mentre il centro-città esistente è rimasto vuoto, sospeso nel tempo.
In altre città europee, proprio a causa di cambiamenti socio-economici improvvisi, la trasformazione fisica dei paesaggi urbani non ha tenuto il passo con gli usi e le pratiche, da qui il proliferare di molti ambiti urbani abbandonati o repentinamente rimessi in gioco da pratiche informali. Al contrario a L’Aquila – così come in altre città che hanno subìto un disastro naturale – è accaduto l’esatto contrario: il cambiamento improvviso dei suoi spazi, nella forma e nell’accessibilità, ha profondamente influenzato e spiazzato i suoi abitanti.
Infatti, proprio in conseguenza del fabbisogno di alloggi e servizi, la città si è rapidamente trasformata con azioni simultanee sia formali che informali, come per esempio la costruzione di case unifamiliari provvisorie in legno, strutture di servizio temporanee e permanenti, alloggi antisismici durevoli. L’impatto delle diverse misure per la ricostruzione temporanea e non sull’ambiente costruito non è e non sarà retroattivo e ha trasformato non soltanto l’architettura locale, ma il paesaggio stesso, a volte facendolo sembrare un paesaggio alpino. Dato che queste azioni si sono messe in atto senza un’idea generale di riorganizzazione spaziale a scala territoriale, la ricostruzione si è svolta in maniera confusa, anche nel riaggiustamento delle funzioni basilari. Anche l’impatto sulla vita quotidiana è stato enorme. Le differenti temporalità della ricostruzione non sono state pianificate su di un’idea generale di riorganizzazione territoriale e questo ha portato a una caotica ricostruzione e riorganizzazione delle funzioni. In questo senso non si è considerato come la città nel suo insieme avrebbe dovuto essere riorganizzata mentre quella “sopravvissuta” si ricostruiva, né come l’architettura e l’urbanistica potevano giocare un ruolo nel processo di ricostruzione.
In anni recenti gli aggettivi più frequentemente utilizzati per descrivere i territori colpiti da un terremoto in Italia sono stati “dimenticato, abbandonato, sospeso, diviso”. Per questo motivo e perché il processo di ricostruzione a L’Aquila necessita altre narrazioni, che tengono conto della complessità dei processi di ricostruzione sia fisica che socio-economica, la restituzione si organizza secondo 7 parole chiave: Città altrove; Demolizioni, Sospensione, Assenza, Temporaneità, Ricostruzioni, Trasformazioni. Queste parole chiave riflettono sulla frammentazione del paesaggio post-terremoto di L’Aquila e le sue differenti temporalità urbane e ricostruzioni.
Il disastroso terremoto del 6 Aprile 2009 ha infatti provocato un’enorme rottura nella storia della città e del suo sviluppo urbano.
2/4/2014, Via XX Settembre, L’Aquila
L’impatto dei diversi interventi di ricostruzione temporanea nello spazio costruito in realtà non sembra essere retroattivo e ha trasformato non soltanto l’architettura locale, ma il suo intero paesaggio.
2/4/2014, Monticchio di L’Aquila
Non si è considerato come la città nel suo complesso avrebbe potuto essere riorganizzata mentre l’esistente era in ricostruzione o come l’architettura e l’urbanistica avrebbero potuto avere un ruolo nel processo di ricostruzione.
DEPOSITI
Il progetto visuale si complementa con un sito web, o meglio un ipertesto, laquila.professionaldreamers.net nel quale sono raccolte micro-storie di trasformazioni socio-culturali e urbane che hanno interessato e stanno tutt’ora interessando L’Aquila, “depositandosi” fisicamente sul suo territorio.
Le storie di best practice saranno in futuro raccolte in una pubblicazione edita dalla casa editrice professionaldreamers. La pubblicazione raccoglierà alcuni dati riguardanti la ricostruzione post-terremoto e i contributi di diversi attori e studiosi della condizione “post” del territorio aquilano. I contributi sono interdisciplinari e cercano di dare una descrizione da diversi punti di vista di ciò che accade a L’Aquila a partire dalle trasformazioni dello spazio urbano e sociale, in particolare quello pubblico, oscillante tra la necessità di un’aggregazione post traumatica e l’abbandono in favore di altri luoghi di ritrovo. Si vuole dare conto inoltre delle azioni intraprese che stanno affrontando la ricostruzione in maniera sostenibile, integrata, sensibile ai processi immateriali, della memoria, dei rapporti sociali da ricostruire e degli spazi pubblici da riformulare. Fra gli ambiti interessati, i paesaggi sociali (lavoro ed economia, implicazioni antropologiche, dinamiche di partecipazione, trasformazioni sociali e interventi istituzionali) e la ricostruzione fisica e sociale (ricostruzione di agglomerati urbani, esperienza di biblioteche e teatri temporanei, spazi di pratiche artistiche).
BIBLIOGRAFIA
Basilico, G. and Boeri, S. (1997) Sezioni del paesaggio italiano. Art&.
Berengo Gardin, G. (1995) L’Aquila. L’Aquila: Istituto cinematografico.
Clementi, A. and Piroddi, E. (1986) L’ Aquila. Laterza (Le città nella storia d’Italia).
Dehaene, M. and Faraone, C. (2014) ‘Landscapes larger than life: notes on two films about territorial transformations in Europe’, OASE Journal for Architecture ‘making landscape public, making public landscape’, (93).
Di Biagi, P. (1999) Guido Guidi: sequenze di paesaggi urbani : un itinerario tra quartieri Ina-Casa. Rubiera: Linea di confine.
Faraone, C. (2011) Registrare la città. Il video d’osservazione come pratica di ricerca urbanistica tra racconti, tracce e metafore. Dottorato di ricerca in urbanistica XXVIII ciclo. Università Roma Tre.
Faraone, C. (2014a) ‘Etnografie visuali di paesaggi urbani. Note sul lavoro di campo nelle ricerche architettonico-urbanistiche degli anni ‘60-‘80 negli U.S.A.’, in Prove di paesaggio. Riscoperte reinvenzioni risignificazioni. Gorizia: GOtoECO edizioni.
Faraone, C. (2014b) ‘Note su una pratica estetico–percettiva dello spazio: dall’esperienza del luogo alla sua restituzione visuale’, in Territori della rigenerazione tra Europa e Italia. Il caso dell’ex caserma Romagnoli. Padova: Turato edizioni.
Faraone, C. and Sarti, A. (2013) ‘Sospensioni/Reazioni #2 Arte e beni comuni: un approccio duplice e condiviso’, Lo Squaderno. Explorations in Space and Society, (30).
Available at: http://www.losquaderno.professionaldreamers.net/?cat=163.
Koolhaas, R. (ed.) (2014) Fundamentals: 14. Mostra Internazionale di Architettura ; la Biennale di Venezia ; [Biennale Architettura 2014, 07.06. – 23.11., Venezia]. Venezia: Marsilio.
Secchi, B. (1996) ‘Descrizioni/Interpretazioni’, in Le forme del territorio italiano vol.1 Temi e immagini del mutamento. Roma-Bari: Laterza.
Stockel, G. (1981) La città dell’Aquila: il centro storico tra il 1860 e il 1960. Ed. del Gallo Cedrone.
Il fotografo. Andrea Sarti è nato a La Spezia, vive e lavora a Venezia. Architetto di formazione lavora come fotografo professionista dal 2005 all’interno di CAST1466 di cui è fondatore occupandosi principalmente di architettura, interni e allestimenti. All’attività professionale affianca progetti fotografici di ricerca collaborando con istituzioni accademiche e gallerie d’arte. Dall’aprile 2009 sta lavorando con Claudia Faraone sulle trasformazioni del territorio aquilano in seguito dell’evento sismico. Il loro lavoro è stato esposto alla 14. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia diretta da Rem Koolhaas nella sezione Monditalia.
L’urbanista. Claudia Faraone è architetta, specializzata in urbanistica e dottore in politiche territoriali e progetto locale. Con attività di ricerca, workshop e mostre, si occupa di spazio urbano, delle sue pratiche d’uso e di culture della produzione del territorio in contesti di rigenerazione urbana e di post-disastro. Collabora alla didattica in varie università di architettura nazionali e internazionali. Alla ricerca affianca esperienze in studi professionali e amministrazioni pubbliche. Ha collaborato a vari progetti d’indagine urbana visuale con il fotografo Andrea Sarti. E’ membro fondatore dell’associazione ETICity Exploring Territories, Imagining the City.
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
Per informazioni e contatti con Lo stato delle cose scrivere qui: osservatoriolostatodellecose
Per essere aggiornati sugli appuntamenti e iniziative dello Stato delle cose potete seguirci anche sui social network seguiteci anche sulla pagina Facebook e sul profilo Instagram ufficiali del progetto.