Certo ci sono un po’ di gru e cantieri a Onna, la chiesa di questa piccola comunità è stata appena restaurata, ma l’impatto con i ruderi e le macerie che restano è ancora spiazzante e doloroso. Il terremoto del 6 aprile 2009 ha raso completamente al suolo questa piccola frazione dell’Aquila. Dei suoi 380 abitanti, 41 sono morti sotto le macerie, ossia il 15 per cento della popolazione, in proporzione il numero più alto in assoluto.
Nel 1944 Onna aveva subito un altro oltraggio gravissimo ad opera dei nazisti. All’indomani dell’armistizio firmato con gli Alleati, i tedeschi crearono la linea Gustav sulla quale si combattè dall’inverno del 1943 sino alla primavera del 1944. Ad Onna i nazisti fissarono una compagnia di sussistenza. Nel palazzo Pica Alfieri (oggi distrutto dal terremoto) furono realizzati i forni dove veniva cotto il pane da inviare al fronte, nella zona di Castel di Sangro. Quando, dopo la battaglia di Cassino la linea Gustav fu sfondata i soldati tedeschi iniziarono a ritirarsi verso nord. Da fine maggio a Onna ogni giorno si fermavano decine di soldati della Wermacht per riposarsi e mangiare. Di notte riprendevano la loro marcia. Spesso requisivano anche animali per il trasporto di armi e masserizie.
Il 2 giugno 1944 due soldati tedeschi requisirono i cavalli di un cittadino di Onna, Silvio Papola, che pascolavano nelle campagne, sotto il controllo di suo figlio Mario (morto per le conseguenze del terremoto del 2009). Il ragazzo corse in paese per avvertire il padre, in quel momento in compagnia dell’altra figlia, Cristina, di appena 17 anni. Fu proprio lei a convincere il padre ed il fratello a recarsi a palazzo Pica Alfieri, dove i cavalli erano stati portati, per farseli riconsegnare. I tedeschi intanto avevano requisito altri cavalli fra cui quelli di un giovane onnese. Anche lui corse a palazzo Pica Alfieri per riavere i suoi animali. Arrivò prima della famiglia Papola, ebbe una discussione con un militare tedesco, ci fu uno scontro fisico e partì un colpo di pistola fortunatamente privo di conseguenza. I tedeschi però dissero, falsamente, che un loro soldato era morto nello scontro. Subito partì la rappresaglia.
Il giovane si era dato alla fuga ed era sparito nelle campagne (più tardi si recherà con i partigiani sul Gran Sasso), sicché i nazisti decisero di punire la famiglia Papola. Silvio e Mario si rifugiarono in una stalla e per miracolo non furono colpiti da una raffica di mitra. Cristina invece fu catturata, spinta e malmenata lungo le strade del paese con lo scopo di farle rivelare il nome del giovane che aveva osato ribellarsi al sopruso. La ragazza non parlò e sul far della notte fu uccisa da due colpi di pistola. Crollò senza vita al Pinnerone, all’incrocio fra via dei Martiri (allora via del Fiume) e via dei Calzolai dove oggi il terremoto ha cancellato tutto. Cristina fu solo la prima vittima. Nove giorni dopo, i tedeschi, che il 7 giugno avevano dato fuoco al paese di Filetto e ucciso 17 persone, pianificarono la strage di Onna. L’operazione fu con molta probabilità condotta dagli uomini della 114 divisione cacciatori comandata dal generale Hans Boelsen.
L’obiettivo strategico era quello che il generale Kesserling, comandante supremo dell’esercito tedesco in Italia, aveva dato in una direttiva del 7 aprile 1944, ove si invitavano i soldati alla massima durezza contro civili che si dimostravano ostili nei loro confronti o che aiutavano i partigiani in montagna fornendo loro viveri e materiali. Secondo la logica nazista gli onnesi erano colpevoli sia perché uno di loro si era ribellato (la vicenda dei cavalli) e sia perché da Onna partivano aiuti a quelli che loro definivano ribelli. Intorno alle 17 dell’11 Giugno 1944 Onna fu circondata dalla soldataglia nazista. Venti uomini furono catturati e portati in una zona all’ingresso del paese (dove oggi ci sono le macerie della scuola elementare). Per liberarli volevano la consegna del giovane ribelle.
In realtà si trattò di un pretesto: la strage era stata decisa. Le donne del paese, per salvare i loro uomini, condussero dai tedeschi la madre e la sorella del «ricercato» che furono incluse nel gruppo delle persone da fucilare. L’esecuzione avvenne nell’abitazione di Biagio Ludovici. La casa fu fatta crollare con le mine. Altre dieci abitazioni, individuate grazie alla complicità di esponenti del fascismo locale, furono distrutte. I tedeschi lasciarono a Onna vittime e macerie. Ci sono voluti 65 anni per ricostruire. Il 6 aprile del 2009 la violenza del terremoto ha distrutto di nuovo tutto. Lo Stato tedesco, in segno di riconciliazione per i fatti del 1944, ha assunto l’impegno di contribuire alla ricostruzione post terremoto.
L’autore. Piero Lovero è nato a Bari dove vive e lavora. Avvocato e fotografo, predilige la fotografia di reportage e di documentazione dei luoghi del suo amato Mezzogiorno. Le sue immagini sono state pubblicate in diversi libri sulla Puglia e la Basilicata.
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