Nessun giorno senza una linea, scriveva Plinio il Vecchio nella sua Storia Naturale; le stesse parole troviamo al nostro arrivo sulla facciata di una palazzina Liberty ai margini del paese di Muccia. Impossibile non pensare all’esercizio quotidiano di ricostruzione che attenderà i cittadini di Muccia nel loro sforzo di rientrare in possesso del loro mondo, che per la seconda volta in due decenni è stato scosso alle fondamenta, e ferito irreparabilmente.
Ci aggiriamo per un paese silenzioso, immobile, in cui il tempo è sospeso e lo spazio è svuotato di presenza umana da un intero anno. Un senso di malinconia ci accompagna attraverso i luoghi vuoti. Le ferite del paese sembrano meno visibili rispetto a quelle di altri Comuni limitrofi, ma la nostra sensazione è che siano più profonde. I danni in apparenza sono meno drammaticamente evidenti, e Muccia soffre di una sottovalutazione della sua reale situazione, ad un primo sguardo superficiale. Eppure più del 95% delle abitazioni è inagibile. La zona rossa del paese coincide con il centro storico, con l’eccezione di un’unica casa rimasta illesa per la quale è stato predisposto un percorso apposito all’interno della zona rossa.
Ad un anno dal sisma, il Sindaco ha voluto riaprire la Piazza centrale di Muccia: una restituzione simbolica ai cittadini di un angolo vivo all’interno di un paese surrealmente vuoto. Dei quasi 1.000 abitanti, una parte è sistemata in alberghi sulla costa, ma un’altra è riuscita a rimanere nei pressi del centro abitato: chi in container, eredità delle diverse imprese del cantiere per la costruzione del quadrilatero autostradale, chi si è rifugiato in collina, all’interno dell’Eremo del Beato Rizzerio, unico luogo risparmiato dal sisma, che tra l’altro offre la possibilità, rara anch’essa dopo il sisma, di celebrare riti e funzioni religiose. La sola prospettiva per Muccia è l’abbattimento di gran parte delle abitazioni del centro storico e la loro ricostruzione: nulla die sine linea.
Gli autori
Claudia Ioan nasce a Roma nel 1965, dove si laurea in Scienze politiche con indirizzo Politico-Internazionale. Vive e lavora a Perugia. Appassionata di fotografia, si è dedicata per molti anni alla propria formazione attraverso corsi e workshop con autori di riferimento, nonché frequentando attivamente l’ambiente dell’associazionismo fotografico umbro e romano. Dirige da anni il Digital Daylight, concorso di fotografia digitale estemporanea.Nel gennaio 2016 è stata selezionata dal mensile Style Magazine del Corriere della Sera come uno dei sei talenti fotografici del web e delle piattaforme di condivisione della fotografia. È collaboratrice didattica del Did, il dipartimento didattico della Fiaf, Federazione italiana associazioni fotografiche. È coordinatrice artistica regionale per l’Umbria del progetto fotografico collettivo nazionale della Fiaf “La famiglia in Italia”. Nel 2015 è cofondatrice insieme con Massimiliano Tuveri di Officine Creative Italiane, laboratorio di comunicazione creativa che realizza come collettivo progetti fotografici anche su commissione, organizza mostre ed eventi di fotografia, concorsi fotografici e workshop.
Massimiliano Tuveri nasce a Roma nel 1967 dove attualmente vive e lavora. Fotografo professionista, da sempre appassionato di arti visive. Dal 2011 si occupa di street photography e fotografia di reportage, realizzando diversi lavori che verranno esposti in Italia e all’estero, ma soprattutto accrescendo la propria fame artistica, abbracciando ed unendo la passione per il racconto fotografico con la scrittura. A gennaio 2016 il mensile “Style Magazine” del Corriere della Sera lo annovera tra i 6 fotografi italiani emergenti sulle piattaforme digitali. È collaboratore del dipartimento didattico della Fiaf (Federazione italiana associazioni fotografiche). All’inizio del 2015, è cofondatore, insieme con Claudia Ioan, di Officine Creative Italiane, laboratorio di comunicazione creativa che oltre a curare la realizzazione come collettivo di progetti fotografici e di reportage, in proprio e su commissione, si occupa di organizzare eventi, mostre, corsi e workshop sempre nell’ambito delle arti visive.
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
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