Immagini e testo di Irene Fassini e Sara Ruggeri
A Montemonaco fra il 30 ottobre e il 14 novembre 2017
A un anno esatto di distanza dall’ultima scossa, la sagra della castagna del 30 ottobre 2017 è stato un momento importante per la comunità di Montemonaco, vissuto con gioia e fierezza. La festa che un anno fa era stata annullata per la scossa di terremoto ha riunito quest’anno una comunità che resiste nonostante tutto e che difende il suo prezioso patrimonio culturale e sociale.
Montemonaco, comune di circa 700 abitanti che si dividono fra il centro e le sue numerose frazioni, sorge nel cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Le abitazioni del paese sono per la maggior parte seconde case. Si tratta spesso di vecchie abitazioni di famiglia abbandonate e successivamente adibite a case per il soggiorno durante i mesi estivi. Dopo le forti scosse di agosto e ottobre 2016 la situazione è cambiata drasticamente e, a un anno dal sisma, ancora si sta aspettando l’inizio della ricostruzione. Ricostruzione che, come sottolinea il sindaco Onorato Corbelli, dovrebbe interessare tutte le abitazioni, non solo le prime case, proprio perché il turismo residenziale rappresenta gran parte dell’attività economica del territorio.
Un container con l’insegna Bar Zocchi è la prima struttura che si nota attraversando il paese. Alle sue spalle si intravede il vecchio bar (una delle attività storiche) in un edificio palesemente danneggiato e inagibile. Anche il container è chiuso. Il caldo dei mesi estivi che rendeva la struttura un forno rovente e i danni creati dai topi alle tubature hanno portato i titolari a chiudere nuovamente i battenti. Proprio di fianco allo storico bar, la Bottega della Cuccagna è invece aperta perché l’edificio non ha subito danni. Maurizio, che gestisce anche il rifugio Sibilla e che vive a Isola San Biagio, vende prodotti tipici a chilometro zero. Anche il forno di Lellè è aperto. Francesco e sua moglie, titolari del forno, raccontano, mentre lavorano, di quanto siano stati fortunati a non aver subito danni e del desiderio che il Paese si rianimi. Sono le botteghe aperte, che portano tutti i giorni gli abitanti delle frazioni, come Margherita e Ennio, a Montemonaco per la spesa e per alcune commissioni a rendere il paese vivo.
Le autrici
Irene Fassini è una fotografa che vive e lavora a Milano. Dopo un dottorato in antropologia giuridica, si è diplomata in fotografia nel 2017 presso il Cfp Bauer di Milano e ha frequentato il corso Visual Storytelling in the Digital Age organizzato da Camera con l’International Center of Photography. Sviluppa interessi di ricerca che si concentrano sulle relazioni tra storia e memoria, identità e confini. Dopo un periodo di formazione presso l’agenzia Prospekt Photographers, collabora con Sara Ruggeri a progetti di documentazione collettiva a lungo termine e ad attività didattiche e formative sul linguaggio visivo con il coinvolgimento diretto di comunità che vivono in contesti periferici urbani. Nel 2017 è stata selezionata per il Canon Student Program 2017 a Visa pour l’image, ha ricevuto la menzione della giuria al Premio Prina ed è stata selezionata tra i 50 progetti finalisti della call for project Abitare: sette sguardi sul paesaggio fisico e sociale dell’Italia di oggi promosso dal MiBACT in collaborazione con La Triennale di Milano e il Museo di Fotografia contemporanea.
Sara Ruggeri, nata nel 1988, è una fotografa che vive e lavora tra Brescia e Milano. Dopo la laurea in Ingegneria Edile Architettura presso l’università degli Studi di Trento, si è diplomata in fotografia nel 2017 presso il Cfp Bauer di Milano. Dall’incontro tra questi due mondi è nata un’ampia ricerca sul tema del paesaggio e delle sue connessioni con la costruzione dell’identità personale e collettiva. Ha collaborato con Marco Cappelletti, partner di DSL Studio, nella documentazione di importanti progetti di arte e architettura. È stata selezionata insieme a Irene Fassini tra i finalisti per la call for projects Abitare: sette sguardi sul paesaggio fisico e sociale dell’Italia di oggi. Si occupa di progetti di documentazione a lungo termine e ad attività formative che utilizzano il linguaggio visivo per dare voce a comunità di confine in collaborazione con centri di formazione e di ricerca.
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
Per informazioni e contatti con Lo stato delle cose scrivere qui: osservatoriolostatodellecose
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