E’ Norcia la città di residenza della maggior parte degli arrivati. “Gli alberghi di Magione, Passignano e Castiglione del Lago impegnati nell’accoglienza delle popolazioni terremotate di Norcia ospitano ad oggi circa 340 persone”. (Corriere dell’Umbria, 6 novembre 2016)
La scelta del Lago Trasimeno nasce da ragioni di tipologia alberghiera, molta capienza e per la lontananza dal cratere. (Giacomo Chiodini, sindaco di Magione)
Ho una moglie inferma da 15 anni e due figlie disabili. Dal 24 agosto (la scossa con epicentro Amatrice) al 30 ottobre abbiamo dormito fuori casa, in un box, dove tengo la mia attrezzatura. Il 30 ottobre arrivò questa scossa forte, dopo due ore ci hanno caricato a bordo di un’ambulanza per Magione. Stiamo bene, certo non è casa nostra, mangiamo quello che ci passano, non possiamo pretendere tanto ma si vive. (Un uomo, 81 anni)
La sera quando hanno organizzato i pullman per Magione sono stato l’unico che è riuscito a prendere l’automobile. Mi son messo dietro al pullman. Nel tragitto ho incontrato delle spaccature dovute al terremoto e qualche masso lungo la Valnerina. Mi serviva la macchina per andare al lavoro a Norcia. (Un insegnante)
Insomma, mi è preso l’esaurimento. La notte vedevo le persone in camera, lui (riferito al marito, ndr) dice che eravamo da soli, ma ho visto un sacco di persone. Addirittura un consigliere del comune di Norcia, e gli dicevo: “Ma non mi aiuti a fare qualcosa? Mi guardava e poi è sparito. Ho avuto paura”. (Una donna,in una camera d’albergo)
Il 30 ottobre se non mi avesse salvato San Benedetto ero morta. Tutto crollato. Non ho più casa e sono qui, sto bene, ma cosa stiamo facendo? Le mie amiche che vivono a Norcia stanno crollando tutte. Ho troppa paura. (Una vedova, ex infermiera)
Per il momento casa è ancora in piedi. Ma tutta la roba dentro dove la mettiamo? Adesso c’è la smania di tornare a Norcia ma poi quando si arriva alle porte del paese fa male. Qui si mangia, si beve, si dorme, si fanno le parole crociate e qualche passeggiata al lago. Ci sentiamo quasi a casa e cerchiamo di stare bene per non ammalarci. (Un uomo, pensionato)
All’inizio eravamo in tanti, ora, dopo nove mesi, sono rimasta solo io. (Una donna, volontaria)
Abbiamo finito tutti i soldi, andiamo avanti con la pensione. Fortuna mangiamo qui all’albergo. Non gli faccio le lagne alla cuoca perché ormai è quasi un anno. Più di questo, questi cristiani, non possono fare, è la verità. Ma adesso come facciamo quando chiude l’albergo per la fine della stagione? (Una donna, pensionata)
La casa ora è una lettera “E” significa da buttar giù e ricostruire. Abbiamo perso tutti i nostri punti di riferimento. Quest’anno ci mancherà nella nostra vita, perché abbiamo vissuto giorno dopo giorno aspettando le novità sul nostro futuro a Norcia e i giorni passavano. (Una donna, operaia)
Moglie:
– Lui dorme in un albergo vicino Norcia ed io qui a Perugia. Io sto con il figlio di 15 anni.
Marito:
– Ed io con quello di 22 anni. Un anno sempre così, purtroppo non potevo lasciare il lavoro stavo risistemando la scuola a Norcia, cosa mi mettevo a fare?
Il 30 ottobre sentivamo che tirava il terremoto. Era tutto impossibile. Avevamo un container dove dormivamo e il terremoto ce l’ha spaccato. Sabrina, mia figlia, è caduta dal letto a castello. Una volta fuori mi son detta: Oddio è cascata Norcia! C’era tutto fumo e non mi ricordo più niente. (Una madre)
Ma il 30 ottobre mi ha ammazzato! Non finiva mai e cresceva, cresceva e cresceva. In quel momento non avevo pensieri: ero solo concentrata nel tenermi al letto, sentivo come se ci volesse distruggere. Mamma mia, ho detto,questo è il diavolo: ci ha distrutto tutte le chiese! (Donatella)
Rimango qui al lago, non ci torno a Norcia. (Raffaele)
Mi sento agli arresti domiciliari, un anno che siamo qui. Di cento persone che eravamo solo io son rimasto. (Frango, pensionato)
Marito:
– Finché avremo la possibilità rimarremo qui in albergo. Dopo cercheremo un appartamento e seguiteremo a vivere a Magione.
Moglie:
– Lascerò il lavoro a Norcia e cercherò qualcosa qua, non mi scoraggio. Quando staremo in una casa non sarà semplice i primi tempi. Mi sento una vigliacca, da paura.
– Cosa significa la parola casa?
– Adesso non ce l’ha un significato, se penso a come era, non la vedo più. E’ destabilizzante. Dopo la scossa del 24 agosto dormivamo in sala da pranzo, vicino alla porta d’uscita. Avevo comprato questa sopra coperta molto bella, i copridivani per la poltrona, tutto in tono. Mi son detta: va bene viviamo qui in sala, però possiamo starci bene. Dopo il 30 ottobre non riesco a pensare a nessun oggetto da mettere su di un mobile, su di un comodino, mi risulta difficile. (Stefania)
L’autore. Riccardo Dogana, nasce a Castiglione del Lago nel 1983. Nel 2003 viene selezionato per un corso di documentario visivo finanziato dalla Comunità Europea. Completa la sua preparazione attraverso masterclass, seminari e corsi con professionisti del settore come Abbas(Magnum), Maciek Nabrdalik(VII). Dal 2005 lavora come direttore della fotografia e fotografo documentarista, concentrandosi in particolare modo nei cambiamenti socioantropologici e collaborando con diverse Ong in varie parti del mondo.
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
Per informazioni e contatti con Lo stato delle cose scrivere qui: osservatoriolostatodellecose
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