Sono in contrada Villa quando incontro Adelmo che produce olio di alta qualità di una varietà locale chiamata Coroncina e che, si vede, non sa stare con le mani in mano. Adelmo mi racconta del terremoto, delle scosse del 24 agosto e del 26 ottobre 2016 che tutto sommato non avevano dato gravi conseguenze, qualche piccolissima crepa sui muri più vecchi ma quasi una cosa alla quale ci si poteva anche abituare mi confida. Poi quando inizia a parlarmi della scossa del 30 ottobre capisco che la vera paura è stata allora. Mi dice che è come se mille cannoni avessero sparato assieme attorno a lui e che in pochi secondi ha sentito uno spostamento del terreno come se fosse andato avanti e indietro di mezzo metro. I coppi volavano dai tetti sussultando e cadendo come se qualcuno li stesse spingendo via: un rumore assordante, una pioggia di coppi. Penso sia impossibile descrivere queste sensazioni e mi rendo conto che tutto quello che vedo e sento non è che il riflesso sfuocato di quanto è accaduto la mattina del 30 ottobre, alle 7 e 40.
Il suo vicino di orto è Guglielmo che trovo nella strada parallela a valle. Gli chiedo come va e inizia a raccontarmi la sua storia e di come nella sua casa avesse messo tanto lavoro e tanti risparmi frutto di 34 anni di lavoro alla Frau. Non riesce ancora a credere che in quella casa non ci possa più vivere. Per lui come per tanti altri il terremoto agli inizi era diventato quasi un’abitudine tanto che quando avvenne la scossa del 26 ottobre sua moglie si buttò sotto il tavolo e lui, che stava togliendo i pistilli dallo zafferano che coltiva oltre a mille altre cose, nemmeno si spostò dal tavolo e la invitò a non preoccuparsi. Quando arriva la scossa del 30 ottobre tutto invece si crepa, gli intonaci si staccano, cade il muro di sostegno della scala che porta all’orto, i mobili si aprono e cade tutto per terra, la paura questa volta prende il sopravvento e Guglielmo la sente ancora dopo un anno, viva come se fossero passati pochi giorni. A dargli la forza e lo stimolo per mantenersi attivo, ammette, è il presepe che costruiva tutti gli anni e che continua a fare nel suo laboratorio con pietre di recupero.
L’autore. Federico Moschietto è nato ad Alba nel 1983 e si laureato in Architettura nel 2005. Vive e lavora a Moncalieri. Dal 2010 si appassiona al mondo della fotografia compiendo ampi studi da autodidatta che lo portano, dal 2015 a praticare la professione di architetto e di fotografo facendo reportage di cerimonie, fotografie di architettura e diversi progetti personali legati al reportage. Ottiene diversi risultati positivi a concorsi e manifestazioni nazionali arrivando a esporre in diverse mostre negli ultimi tre anni. Attualmente sta portando avanti due progetti editoriali di cui uno sul tema del rapporto fra i bambini e le architetture, già in parte esposto a Paratissima Torino 2016.
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
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