“Matteo, in qualità di soccorritore se ti chiedo il tuo ricordo di Castelluccio dalla scossa del 30 ottobre qual è?”. “Senza dubbio oggi (9 novembre, ndr) ho avuto la sensazione peggiore perché – racconta Matteo Moriconi vicepresidente del Soccorso Alpino Speleologico Umbro – con l’ultimo accompagnamento, quello di Diego per riprendere il suo trattore abbiamo lasciato Castelluccio in balia del suo destino: da oggi abbiamo temporaneamente messo un punto su questo luogo e questo fa male da morire”.
Sono passati ormai dieci giorni dal terribile terremoto del 30 ottobre e la vita sembra essersi fermata a quei secondi interminabili di scossa tellurica. Lo scenario apocalittico è un film che si ripete a ogni sisma, piazze prima gremite di persone ora in balia di gru e detriti, attività spazzate via nell’arco di pochi secondi e quel senso d’impotenza che regna sovrano in tutti gli occhi degli abitanti. A Norcia la temperatura è molto bassa ma un timido sole sta iniziando a scaldare le tensostrutture e i moduli container nel parcheggio adibito al Coc regionale. In montagna gli sbalzi termici sono all’ordine del giorno, si passa di continuo da un sole cocente a folate gelide e questo non aiuta i soccorsi e la popolazione così terribilmente martoriata.
Il terremoto numero 3 (così è chiamato dai tecnici) ha come simbolo la piazza di San Benedetto di Norcia ma è nella perla dell’Umbria che c’è il dolore più grande, in quella Castelluccio così amata da tutto il mondo per le sue eccellenze e per la sua unicità. Le strade non esistono più. Gli animali ormai evacuati, la piazzetta con le sue tipicità è vuota e soltanto il Soccorso Alpino Speleologico Umbro riesce a traghettare abitanti e tecnici verso l’amato borgo.
“La mattina del 30 ottobre abbiamo immediatamente compreso la gravità della situazione perché– spiega Matteo – ogni collegamento per la piana e per il paese era totalmente danneggiato, i soccorsi non potevano arrivare al paese e il nostro intervento era vitale. Abbiamo, da subito, creato un nuovo percorso con il GPS per arrivare a Castelluccio e da quel momento non ci siamo più fermati”.
Il viaggio all’interno del defender del Soccorso Alpino è un viaggio attraverso l’anima dei monti Sibillini, si percorrono tutti i paesi frustati dalla furia del sisma fino ad arrivare alla parte selvaggia di quei luoghi, quella montagna così silenziosa ma ferita al proprio interno che sembra voler urlare il proprio dolore ogni secondo. Un viaggio paragonabile a quello di Dante che scende nelle viscere dell’Inferno con l’aiuto di Caronte che lo traghetta nell’Acheronte, non è un percorso facile tantomeno di piacere, Matteo all’interno del defender dà tutte le direttive per restare in sicurezza poiché il percorso è molto lungo e accidentato. La neve è arrivata anche in quei posti e ovviamente non rende facile i trasporti, quasi due ore di viaggio tra sali e scendi, all’interno dei boschi con massi staccati dalle pareti e crepe lungo la strada.
“Dal 30 ottobre ci siamo ritrovati a fornire innanzitutto i beni primari per gli abitanti di Castelluccio, le medicine e il cibo in primis in quanto erano completamente sforniti di viveri inoltre una squadra nella mattinata del sisma ha estratto una signora che era rimasta sotto le macerie. Ovviamente gli ultimi abitanti che erano rimasti – continua Matteo Moriconi – erano coloro che non volevano lasciar soli i propri animali, fonte di vita e ovviamente di lavoro per la comunità castellucciana. Dopo la fornitura giornaliera di beni primari ci siamo adoperati al recupero degli animali.
“Il lavoro del Soccorso Alpino Speleologico è stato costante ogni giorno non solo per Castelluccio ma anche per tutte le frazioni di montagna irraggiungibili con i mezzi consoni; nelle primissime ore dopo il 30 ottobre sono stati impiegati quasi 150 soccorritori provenienti anche dalle regioni limitrofe dell’Umbria (Emilia Romagna e Lazio), la sala operativa era reperibile H24, per poter fornire il servizio in maniera costante. Dopo aver smaltito l’emergenza primaria, si sono succeduti 50 soccorritori del distaccamento della regione Umbria.
“Le ultime operazioni che abbiamo fornito sono state quelle del supporto agli allevatori per quanto riguarda la transumanza. Le vacche e i vitelli non volevano lasciare Castelluccio, ogni qualvolta superavano il Pian Grande si ritornavano indietro come se non volessero lasciare quella terra quindi abbiamo aiutato i castellucciani a percorrere quasi venti chilometri come nelle vecchie tradizioni della transumanza. Avranno pensato – racconta Matteo Moriconi – ‘noi in prigione e nei recinti non ci andiamo, meglio la libertà della Piana’ ma in un paio di giorni siamo riusciti ad aiutare e a mettere in sicurezza tutti gli allevamenti. Nonostante la gravità della situazione abbiamo notato la grande forza di volontà di questi abitanti, da veri montanari subito si sono voluto adoperare per ricominciare le proprie attività. Mi ricordo che pochi giorni dopo il sisma per distendere gli animi nel consueto trasporto di cibo gli portai delle lenticchie surgelate di seconda marca, ovviamente sono volate parole grosse ma anche moltissime risate. Con gli ultimi trasporti degli abitanti purtroppo lasciamo Castelluccio nelle mani dell’inverno che tutti conosciamo quanto è duro in quella zona. Noi da amanti di tutta la montagna e di quella parte di Umbria cercheremo di non abbandonarla a se stessa tenendo sempre viva l’attenzione su una delle perle della nostra regione”.
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
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