Tira vento dal mare. L’aria è umida, è diversa dell’entroterra. “Ci si raffredda, ci si ammala di più che fra le nostre montagne”, spiega con un colpo di tosse Silvestro, arrivato da Visso a fine ottobre, dopo essersi lasciato alle spalle la casa dove col fratello Sante è cresciuto e che la scossa di terremoto, quella del 26 ottobre, gli ha portato via. “Ora ha le mura tutte gonfie e crepate”, e fa un gesto con le mani, come a disegnare una sfera schiacciata. “Ogni tanto ci torno a fare un giro. Ma a Visso non c’è più nessuno. Solo le macerie. Il paese è fantasma. La neve di questi giorni farà il resto, erano 40 anni che non ne faceva tanta. L’acqua penetrerà nelle crepe, sbriciolando anche gli scheletri dei palazzi”, gli fa eco il fratello Sante. I due, uno salumiere e l’altro falegname, vivono in un bungalow del Centro Turistico Holiday da tre mesi, sul lungo mare nord di Porto Sant’Elpidio. Loro come altri 500 sfollati, corsi in ottobre verso la costa per trovare rifugio dal sisma. Gente che non saprebbe più dove andare, senza più casa.
“Qui siamo tutti oltre che di Visso, di Camerino, di Pievebovigliana, di Pieve Torina”, raccontano. Minuscole frazioni nell’entroterra pedemontano, di una bellezza fiabesca. Visso, ai loro occhi, ha già i contorni del ricordo. Ne elencano strade e piazze con delicatezza. Come qualcosa di bello che appartiene ormai al passato. “La nostra vita è ferma qua, non ha senso nemmeno farsi troppe domande sul futuro”, dicono. L’Holiday è stato scelto dal Servizio Nazionale della Protezione Nazionale come hub dell’accoglienza per la sua posizione strategica, di baricentro sulla costa rispetto al cratere del sisma. È dal 30 ottobre che al suo ingresso si registrano i nomi degli sfollati in arrivo, li si accolgono o smistano in altre strutture ricettive della zona. Solo a Porto Sant’Elpidio ci sono altri tre alberghi con un migliaio di persone senza casa.
E camping, hotel e b&b del genere si susseguono lungo tutta la costa adriatica, dove dormono 8.330 persone sfollate sulle 14.576 tutt’ora assistite dalla Protezione Civile dopo i terremoti. All’Holiday ogni sera è uguale all’altra. Verso le 7, vassoio alla mano, ci si mette in fila per la cena. Un passato di verdure, pasta coi carciofi, prosciutto, verdure. Sui tavoli si raggruppano anziani, nuclei familiari, gente sola. E tanti bambini, nel camping sono una cinquantina. Si parla soprattutto di terremoto e post-terremoto. “Abbiamo perso entrambi il lavoro – racconta Silvestro – io ora sono in cassa integrazione, perché ero dipendente. Mio fratello Sante, da libero professionista, non ha entrate. Ma non sappiano nulla di nulla. Cosa succederà. Dove andremo, quando e se arriveranno le casette di legno. Girano tante voci qua dentro. Se ne sentono tante. I rappresentanti delle istituzioni si sono presentati solo i primi giorni per rassicurarci. Renzi e Mattarella sono arrivati in visita a portare la solidarietà dello Stato. Ma di informazioni precise nessuno ce ne dà più da molto tempo”, raccontano amareggiati, quasi rassegnati.
Anche la signora Sante, 63 anni, pochi tavoli più in là, parla degli ultimi accadimenti della sua vita senza perdere l’allegria, con la dignità di chi ha imparato a conoscere la sofferenza vera, che segna. “Ci vorrebbero almeno dieci anni e mille ostacoli da superare prima di ricostruire il luogo dove siamo nati. Vivevamo in campagna, in due palazzine attaccate. Sono state catalogate E e F”, ovvero una inagibile e l’altra da abbattere. “Mio figlio è sfollato con la compagna in un altro camping a Porto Potenza Picena. Volevamo lasciare casa nostra a mio nipote un giorno. Ma non sarà più possibile”. Ogni mattina Santa si sveglia alle 4, con un collega raggiunge in macchina l’azienda di prosciutti che per fortuna è rimasta in piedi. “Faccio 150 km al giorno fra andate e ritorno. Senza lavoro reggere il peso di questa situazione sarebbe impossibile. Dentro mi sento un vuoto. Eppure mi considero fortunata, poteva andare peggio, ma ci hanno accolti e messi al riparo”.
(una versione di questo articolo è stata pubblicata su Avvenire il gennaio 2017)
Il fotografo. Ennio Brilli vive a Fermo. Ha realizzato reportage in Africa, America Latina e Paesi dell’est Europa (Balcani, Caucaso). Ha pubblicato su Diario, Il Manifesto, La Stampa, Il Reportage, Pagina99, La Repubblica. Suoi documentari sono stati trasmessi da reti televisive fra cui Rainews. Altre pubblicazioni: Il pane offeso, testi di autori vari, edizioni Culturaglobale, 2013; Parchi da leggere, AA.VV. e testi di Tonino Guerra, Edizioni Scientifiche Italiane, 2011; Palmiro, ristampa del libro di Luigi Di Ruscio, Ediesse, 2011; Consiglio di classe, testi di Angelo Ferracuti, Ediesse, 2009; Viaggi da Fermo, Laterza, 2009, testi di Angelo Ferracuti; Dove lavorare non stanca, Camera di Commercio di Ancona, Il Lavoro Editoriale, 2005; Le Ombre, testo di Antonio Moresco, Editoria e Spettacolo, 2004
Il giornalista. Marco Benedettelli, giornalista professionista, è nato ad Ancona e vive e lavora a Porto San Giorgio (Fermo). E’ responsabile della comunicazione per la ong Cvm (Comunità volontari per il mondo). Collabora con Avvenire e ha collaborato, come freelance, con il Manifesto, Sole24ore.it, D di Repubblica, Nigrizia, Vita no profit, coi quotidiani locali di Ancona e con altre testate. Dal 2009 è direttore responsabile di “Argo. Rivista di esplorazione”. Ha scritto su Nazione Indiana e ha collaborato con il collettivo 48ore.com (oggi off-line). Nel 2012 ha pubblicato la raccolta di racconti La regina non è blu (Gwymplain).
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
Per informazioni e contatti con Lo stato delle cose scrivere qui: osservatoriolostatodellecose
Per essere aggiornati sugli appuntamenti e iniziative dello Stato delle cose potete seguirci anche sui social network seguiteci anche sulla pagina Facebook e sul profilo Instagram ufficiali del progetto.