Campi, al cimitero: un paesaggio archeologico
Immagini e testo di Alessandro Celani. A Campi di Norcia a novembre 2016
Gli archeologi trattano con uguale distacco gli edifici, gli oggetti, i resti organici di qualunque natura, ossa comprese. Ogni traccia del passato, qualunque essa sia, è necessaria alla ricostruzione della storia. Sia essa la storia dei grandi eventi, sia essa la piccola vicenda degli uomini: le minuscole cose che muovono l’ingranaggio dei secoli e delle generazioni. Il paesaggio che mi si è mostrato nel cimitero di Campi era un paesaggio archeologico. In esso pietre, legni spezzati, metalli piegati e ossa scoperte si affastellavano sullo sfondo di una campagna ignara di tutto. Lì le stesse cose accadevano: i corvi intenti ai solchi dell’aratura, il crepitare sordo dei lombrichi fra le argille, i gatti eccitati dal gioco delle piccole uccisioni. Un paesaggio che mi ha fatto pensare agli affreschi di Luca Signorelli nel Duomo di Orvieto. Nella resurrezione dei morti gli scheletri si vestono nuovamente delle loro carni. Lo fanno per essere giudicati. Si piegano a questo. A Campi ero io, nella mia carne intatta, che mi rimettevo al giudizio delle ossa, con l’occhio curvo al giogo della macchina fotografica.
L’autore. Alessandro Celani è storico dell’arte e archeologo. Studia in particolare la scultura antica. E così si accosta alla fotografia. Prima per esigenze di documentazione, poi per espressione creativa. Così affrontando temi e soggetti già esplorati nel disegno e nella scrittura. Il rapporto degli uomini con l’architettura, con gli oggetti, con la memoria e la rovina. Predilige una fotografia di tempi lunghi. Prima il bianco e nero, ora colore soprattutto. Ha pubblicato saggi e poesia. In corso di stampa il suo ultimo lavoro, che mescola fotografia e scrittura: Aura. Voyage to Italy (Aguaplano editore).
