Dal giorno della prima scossa che il 24 agosto 2016 ha distrutto il borgo, Arquata del Tronto è stata dichiarata zona rossa ed è rimasta isolata per oltre un anno. Alla fine di agosto 2017 i vigili del fuoco e l’esercito sono riusciti a creare un percorso tra le case lesionate per iniziare le operazioni di rimozione delle macerie. Lungo la strada che conduce a quello che resta di Arquata colpisce il viavai frenetico dei tanti camion, che vanno avanti e indietro senza sosta per caricare e portare via le macerie. Quando vi arrivo, accompagnato da due pompieri, salgo lungo una strada molto ripida creata compattando le macerie per arrivare a quella che una volta era piazza Umberto I.
Intorno a me, solo un insieme irriconoscibile di detriti e resti di abitazioni ancora da abbattere. Si distingue solo l’archetto della casa dei conti Gallo con le sue decorazioni ancora intatte. Più in alto la Rocca medievale simbolo del paese, anch’essa fortemente danneggiata, e i Monti Sibillini. Su quello che doveva essere il tetto di un edificio sventola un tricolore: è la bandiera che i vigili del fuoco hanno portato con sé e piantato passo dopo passo tra le macerie, fino ad arrivare al nucleo più antico di Arquata. Una volta tornato giù a Borgo e volgendo indietro lo sguardo, vedo stagliarsi l’immagine di una ruspa che, avvolta in una nuvola di polvere, porta via pezzo dopo pezzo quel che rimane di Arquata del Tronto. Resto senza parole.
L’autore. Giancarlo Malandra è nato a Chieti nel 1968 e vive a Giulianova. Fotografo professionista impegnato per lavoro soprattutto nella fotografia di cerimonia, si dedica anche a progetti di ricerca personali, in maniera particolare documentando le tradizioni popolari della sua regione, l’Abruzzo, e non solo. Si è già confrontato con gli scenari del doposisma prima con il lavoro collettivo “3:32 i segni del terremoto” e successivamente con il reportage “La città negata” sulle conseguenze del sisma del 6 aprile 2009 a L’Aquila. I suoi reportage sono stati pubblicati, fra gli altri, da Touring Club Italiano, Witness Journal e Tesori d’Abruzzo.
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
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