Ho scelto di andare a L’Aquila soltanto un mese dopo la notte del terremoto. Ho deciso così per un senso di pudore e di rispetto verso le persone che stavano vivendo sulla loro pelle quel dramma.
Non sono un fotografo di news – un fotografo, cioè, che si fa carico di raccontare l’immediatezza di un accadimento – e ho temuto che la mia presenza sin dai primi momenti dell’emergenza fosse inutile, se non addirittura di intralcio verso chi stava lavorando per portare i primi soccorsi.
Arrivare in un secondo momento mi ha anche permesso di cogliere quei segni nel territorio che sembrano quasi trasformare in normalità la tragedia. Transenne, tubi innocenti, barriere di legno e di ferro a delimitare aree pericolanti e cumuli di macerie, perdono il loro significato di precarietà e diventano parte integrante del paesaggio, dando un sapore plasticamente definitivo alla distruzione accaduta.
Alle volte gli stessi abitanti diventano artefici di piccoli miracoli di normalità, con un tavolino, delle sedie di plastica e qualche piantina a fare salotto lungo il ciglio di un marciapiede. Testimonianza precaria del bisogno di riappropriarsi di spazi e di pezzi di vita.
Abituato a cercare piccoli segni sparsi qua e là nel paesaggio che siano indicatori dei cambiamenti, trovarmi al cospetto di una così enorme disfatta è stato professionalmente complesso e difficilissimo da affrontare sul piano emotivo. Troppo vasta la misura della distruzione, troppo profonda la ferita nel territorio perché si possa davvero riuscire a raccontare con delle foto.
L’autore. Massimo Siragusa è nato a Catania nel 1958 e lavora come fotografo professionista. Vive a Roma dove insegna allo Ied (Istituto europeo di design). Ha esposto in numerosi musei e gallerie in Italia e all’estero tra cui Polka Galerie a Parigi, Forma Galleria di Milano, Museo di Roma in Trastevere, Auditorium Parco della Musica di Roma e Galleria del Cembalo di Roma. Nell’ambito dei lavori di corporate industriale, ha collaborato con aziende quali Eni, Aeroporti di Milano, Bosch, A2A, Autostrada Pedemontana, MyChef, Versace, Bisazza, Kartel, Conad, Unipol Banca. Le sue fotografie sono state pubblicate in tutte le più importanti riviste internazionali. Ha vinto numerosi premi internazionali tra cui quattro World Press Photo (nel 1997, 1999, 2008, 2009) e tre Sony Awards. Ha pubblicato vari libri tra cui “Il Vaticano”, “il Cerchio Magico”, “Credi” e “Teatro d’Italia”.
Il progetto “Lo stato delle cose” è interamente autofinanziato e reso possibile dalla spontanea partecipazione di fotografi e autori nonché dalla collaborazione e dal supporto, non economico, degli enti locali, istituzioni, associazioni e società che ne hanno condiviso gli intenti documentari.
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